È tutto un rincorrersi dentro una ruota che tiene fermi dentro la gabbia di un sistema di partiti che non si svincola dalla ripetizione dei vecchi schieramenti.
Avete presente il marchingegno inventato per non far soffrire troppo i criceti in gabbia? Sono animaletti che devono correre molto per sopravvivere e in gabbia non si può. Allora si mette dentro una ruota in cui i criceti possono correre a perdifiato rimanendo sostanzialmente fermi in un punto. Bene, ci sembra quello che sta avvenendo nella politica dei partiti.
C’è un movimento continuo alla ricerca di immaginarie strategie per le elezioni al Quirinale, di promozione di bonus vari e interventi di nicchia sulla legge di bilancio, di ospitate TV in cui lanciare messaggi e intemerate. Però è tutto un rincorrersi dentro una ruota che non fa fare nessun passo avanti, ma tiene tutti fermi dentro la gabbia di un sistema di partiti che non trova modo di uscire dalla ripetizione dei vecchi schieramenti.
Eppure il momento continua ad essere molto delicato. La pandemia non è affatto vinta, ma soprattutto porta a fare i conti con fenomeni preoccupanti.
Il primo è la spaccatura che cresce nel Paese a fronte di un ribellismo sociale travestito da no vax e assimilati. Si è tollerato molto in nome di un’astratta difesa delle libertà di manifestazione comprimendo i diritti della maggioranza della popolazione che ha accettato le modalità di lotta al contagio, sicché si comincia a vedere la comprensibile ribellione di questa. Ma se il governo davvero vuole riportare entro limiti accettabili le espressioni di questo ribellismo, che ha trovato sin qui copertura sulle TV (anche se ultimamente qualcosa sta cambiando), dovrà di necessità passare alla repressione e questo è un passo sempre complicato e con qualche rischio.
In secondo luogo l’inflazione sta riprendendo e già si calcola una certa compressione sui redditi disponibili. Come sempre un fenomeno che toccherà più le larghe fasce dei redditi medi, cioè la maggior parte della popolazione. Non sembra un fenomeno destinato ad esaurirsi a breve: da un lato ci sono le spinte dei settori penalizzati da un anno e più di mancati guadagni che alzano i prezzi, dall’altro l’aumento dei costi di carburanti e materie prime che poi si riversa sul prezzo finale delle merci: un mix che certo non aiuta a produrre stabilità.
In questo quadro i partiti si avviluppano nelle loro beghe di posizionamento, soprattutto perché hanno ben tre scogli da affrontare.
Il primo è ormai alle porte ed è l’elezione del successore di Mattarella. Tutti fingono di preoccuparsi del futuro di Draghi, che si vorrebbe uno e bino: sia al Quirinale che a Palazzo Chigi. In realtà, a parte l’interesse di gran parte dei parlamentari a portare a termine la legislatura per non perdere la pensione (causa la demente riforma costituzionale grillina), c’è il tema di come far emergere, grazie all’attenzione che suscitano le elezioni quirinalizie, quale sia la forza dei partiti e soprattutto delle possibili coalizioni in campo.
Poi è già all’orizzonte la prova della tornata di elezioni amministrative il prossimo maggio in cui si giocherà la rivincita di quelle dell’ottobre passato.
Nel centrodestra si è aperta la questione delle candidature, visto il flop di quelle nella tornata appena conclusa. Salvini propone primarie per scegliere i candidati e difficilmente gli si potrà dire di no, ma significa aprire una fase di nuovi scontri e sgambetti. Nel centrosinistra ci sarà il tema di che fare con un cosiddetto “campo largo” che già non si sa come uscirà dalla prova delle quirinalizie, e che vede M5S in condizioni sempre più caotiche. Conte può far sfoggio nei talk show delle sue abilità aggressive di avvocato, ma sotto la retorica c’è il nulla di una politica che alla fine torna sempre alle demagogie dei suoi supporter nei media con la stucchevole riduzione di tutto ad una polemica contro Renzi.
Naturalmente il terzo passaggio saranno le elezioni politiche, arrivino alla scadenza del marzo 2023 o prima. In mezzo ci dovrebbe essere una riforma necessaria della legge elettorale, perché con il Rosatellum rivisto sul taglio dei parlamentari si andrebbe a disputare la classica roulette russa. Il nervosismo dei partiti è più che comprensibile, ma esso impedisce qualsiasi ragionamento sulle cose da fare per governare sia la contingenza (come abbiamo visto non facile) sia la gestione del PNRR.
Più si va avanti e più è evidente che non si può continuare a fingere di affidarsi ai miracoli di san Mario Draghi, a cui fra il resto si presta un culto del tutto fasullo ed esteriore.
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