Trovare un appartamento in affitto di questi tempi è un’impresa, ma diventa ancora più difficile per chi è straniero. Parte da questa evidenza il progetto “Una casa per tutti”, lanciato con un bando nell’ambito dei Laboratori di Comunità dal Servizio Politiche Sociali del Comune di Rovereto che lo finanzia e che vede impegnati ATAS, come capofila, nella figura di Paolo Bellini, Fondazione Comunità Solidale, associazione “Lucicate” e la Croce Rossa di Trento.

L’obiettivo, concreto, è quello di far incontrare domanda e offerta, chi cerca un alloggio e chi invece l’affitta insomma; ma con “Una casa per tutti”, e questa è sicuramente la sfida più complessa, si vuol tentare di far cadere quel muro di diffidenza – o comunque farci qualche crepa… – che porta chi possiede un appartamento a scartare immediatamente possibili conduttori stranieri.

Il progetto ha mosso i primi passi lo scorso aprile: tre gli appartamenti per ora occupati, due a Rovereto e uno a Lizzana, ma, come ci conferma Tommaso Vaccari, coordinatore dell’Area Abitare di Caritas e Fondazione Comunità Solidale, la richiesta supera abbondantemente l’offerta. “I destinatari di questo progetto sono persone residenti a Rovereto che hanno completato il loro percorso di inclusione, che hanno un contratto di lavoro importante, ma che si trovano di fronte la grossa problematica della ricerca di un appartamento”, sottolinea Vaccari. “Non è un intervento sociale ‘puro’, piuttosto una mediazione: vogliamo essere una sorta di agenzia sociale, contribuendo a costruire una narrazione positiva, un passaparola virtuoso per far passare il messaggio che affittare a stranieri è possibile e che il ‘rischio’ non può essere calcolato in base al colore della pelle”.

Non esiste, per ora, un fondo economico per coprire eventuali morosità, ma “ci stiamo comunque ragionando”, conferma Vaccari che rilancia: “Offriamo una vera e propria garanzia di onore fondata su rispettabilità, autorevolezza, storicità, radicamento sul territorio delle nostre organizzazioni e del Comune di Rovereto. A proprietari e agenti immobiliari assicuriamo conoscenza approfondita degli inquilini, certezza nei pagamenti, serenità e tranquillità nella gestione della casa e dei rapporti con il vicinato. Ci piacerebbe inoltre arrivare a scrivere anche una sorta di ‘curriculum abitativo’ che valorizzi le esperienze di vita e le capacità acquisite nel tempo di chi è coinvolto nel progetto”.

Anche grazie all’aiuto di un gruppo di volontari, capaci di mettere in campo pratiche di ascolto e “buon vicinato”, si vuole creare una contaminazione virtuosa rivolta prima di tutto a proprietari e agenzie immobiliari. E in quest’ottica, chi già affitta può offrire una testimonianza preziosa. È il caso di Manuela Rattin, che due mesi fa ha acquistato un appartamento in città e tramite un’amica, agente immobiliare, è venuta a conoscenza del progetto. Da metà ottobre, dopo i lavori di sistemazione e di arredo, l’ha affittato a quattro ragazzi africani: due senegalesi, un nigeriano e un gambiano. “Per me è la prima volta ma affittare a stranieri non rappresenta un problema”, racconta Manuela. “Sono felice di poterlo fare all’interno di questo progetto che offre sostegno e accompagnamento a entrambe le parti: ad esempio dal punto di vista linguistico, aiutando a superare incomprensioni che possono nascere semplicemente dal non intendersi, anche se il problema è magari banale. Le migrazioni sono sempre esistite e dal momento che queste persone sono qui, magari anche da tempo, che si impegnano e lavorano, hanno il diritto di essere aiutate, prima di restare su una strada, senza dignità, invisibili”, conclude Manuela Rattin.

Una stanza, un appartamento, molto spesso significano molto di più di quattro mura e un tetto. Possono rappresentare un importante passo verso l’indipendenza e, in questo caso, anche verso l’integrazione.