Trento, 2021: ancora non c’è posto per loro

Ma queste persone dove andranno a dormire? Dove c’è posto per loro?

Quest’anno la città ha ripreso il suo volto giovane e festoso. Sono tornati! Sono tornati! Come api impazzite i proprietari ed i gruppi che gestiscono alloggi per universitari sono fuori di sé per l’euforia. Anche l’indice dei prezzi balla, verso l’alto.

Come scrive Vita Trentina, non si trovano già più posti letto per chi vuole studiare. E gli annunci di affitti, posti letto, stanze singole, piccoli alloggi, già da tempo sono riservati agli universitari: studentessa, solo universitari, contratto temporaneo bla bla…

E un onesto lavoratore?

Intanto deve avere un contratto a tempo indeterminato. Poi non deve essere straniero oppure non deve essere di un certo Paese o non deve provenire da un certo continente.

Appartamenti da affittare a centinaia nella sola città, inutilizzati da anni. E persone costrette a soluzioni precarie quando non letteralmente sulla strada, anche se lavorano.

A. ha litigato di brutto con la sua famiglia tanti e tanti anni fa. Tranquillo, vuole solo passare i suoi giorni senza che nessuno gli ordini niente o nessun assistente sociale ‘lo prenda in carico’. Qualche lavoretto, lo scambio di due parole con chi trova, la preoccupazione, forse l’affetto, per chi condivide i suoi spazi, all’aperto, in questa città a volte torrida a volte glaciale. Gli piacerebbe tornare a stare in una casa, ma vorrebbe godere dell’ospitalità di qualche persona amica, almeno amichevole.

B. parla a raffica, ripetendosi continuamente in uno strano incomprensibile italiano. Da vent’anni in Italia, ha percorso la penisola dalla Calabria a Napoli a Sanremo fino ad arrivare a Trento. Pochi legami in patria, gli è rimasto solo un fratello, e pochi qui. Vive i suoi cinquant’anni sulla strada ormai da tempo, i piccoli lavori per cui lo chiamano non gli consentono di più, pur essendo un lavoratore e senza i vizi così frequenti fra chi non ha più speranze.

C. Spesso ubriaco, sempre quieto, una tristezza che sgorga dagli occhi dolci di un vecchio lavoratore che non vede prospettive e ha di fronte a sé solo la strada, al massimo un po’ di riposo in un dormitorio. Parla sempre volentieri e di tutto, della vita soprattutto e del senso che mai può avere. Degli affetti, del rispetto per i vecchi e per chi muore. Chiede quello di cui ha bisogno, con cortesia, senza pretendere, per favore, se si può, mai petulante, chiede solo l’importante. “Sono senza telefono, ne avete uno vecchio?”.

L’operatore ecologico sgombra immondizie da sotto il ponte, continua a tirar su grandi sacchi neri che qualcuno aveva cercato di mimetizzare. È esterrefatto per la montagna da smaltire che trova. Non è lì però dove l’hanno mandato a far pulizia, con un rastrello, una vanga e una carriola. Quattrocento metri più in là è ben difficile fare ordine con quei semplici strumenti. “Qui bisogna tirar su con un ‘ragno’!”.

I cittadini che percorrono la stradina passeggiando hanno denunciato il degrado, richiesto che si pulisca dalle immondizie; chissà se sono scesi a vedere la situazione sotto, il degrado in cui vivono esseri umani. Materassi e coperte, alcune a simulare delle pareti, reti metalliche nell’illusione di rialzarsi da terra e salvarsi dai ratti, immondizia a non finire, creata nel tempo da chi è passato da qui. E piccoli segni, incongrui nel contesto, del desiderio di una vita “normale”: un filo per stendere i panni, una lametta da barba agganciata in alto con lo scotch, dei sacchetti appesi per salvare il contenuto dai topi.

Trento, 2021. La nostra bella città con le aiuole, i parchi curati, i ponti con i fiori. Smart City, maledetto inglese. Porteranno via tutto, anche se dovranno tornare con un “ragno” ed è certamente giusto ripulire, non solo nei prati in vista, e impedire simili accampamenti degradati e degradanti. Ma queste persone dove andranno a dormire? Dove c’è posto per loro?

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