Luci sull’Afghanistan

La mostra allestita al Muse. In basso, i partecipanti al dibattito

A quattro mesi dalla presa di Kabul, la situazione in Afghanistan è “l’inferno sulla terra”, per usare un’espressione del World Food Program delle Nazioni Unite. Famiglie costrette a vendere le proprie figlie per sopravvivere, problemi di liquidità e 22,8 milioni di persone che si trovano ad affrontare una situazione di insicurezza alimentare grave, con un milione di bambini che rischiano di morire nei prossimi mesi.

Il quadro è stato presentato nel corso dell’incontro “Afghanistan, il futuro negato”, organizzato dall’associazione 46° parallelo in collaborazione con Afgana, una rete della società civile italiana, e con il sostegno della Provincia di Trento al MUSE martedì 14 dicembre. Ha partecipato al dibattito anche Marina Sereni, viceministra agli Affari Esteri e alla Cooperazione Internazionale. “L’Italia ha investito 150milioni di euro per questa crisi umanitaria – ha spiegato – 30 vengono dalla cooperazione internazionale allo sviluppo, 120 dal Maei. Questi ultimi erano destinati alla formazione delle forze di sicurezza e sono stati poi spostati verso l’azione umanitaria”.

Il 25 agosto il Governo italiano ha istituito un tavolo di lavoro permanente sull’Afghanistan, che coinvolge organizzazioni, regioni, comuni e università. Tra l’inizio del 2022 e la fine del 2023, arriveranno 1200 persone attraverso i corridoi umanitari; 800 saranno accolte dalla società civile, mentre 400 sono a carico del Ministero dell’Interno. A inizio dicembre, la Provincia di Trento aveva annunciato che nel prossimo biennio sono 20 i posti dedicati all’accoglienza di famiglie, siriane oltre che afgane, tramite i corridoi umanitari. Anche l’Università di Trento è impegnata, attraverso il programma Scholars at Risk, presentato da Ester Gallo, nell’accoglienza di alcuni docenti afgani che, peraltro, hanno cominciato a rivolgersi alla rete internazionale per avere protezione già un paio di anni fa.

“Continueremo a chiedere un confronto sull’Afghanistan, per non spegnere i riflettori”, ha detto Raffaelle Crocco, organizzatore del pomeriggio, che ha visto un dibattito acceso. “Dov’è finita la diplomazia italiana in Afghanistan?”, la provocazione di Emanuele Giordana di Afgana, che ha chiesto anche chi saranno gli afgani accolti con i corridoi umanitari, visto che ad agosto sono stati segnalati problemi di clientelismo.

Poco prima, Giovanni Visone di Intersos, che dopo agosto ha aumentato l’azione umanitaria nel Paese asiatico, aveva detto: “Ad oggi la comunità internazionale in Afghanistan è rappresentata esclusivamente dalla comunità umanitaria. Per il resto è assente”. Il congelamento degli aiuti internazionali ha portato infatti a una situazione drammatica nel Paese perché, come è stato più volte sottolineato, crisi economica e crisi umanitaria sono strettamente legate. “Il non riconoscimento dell’emirato non può essere un pretesto per rinunciare alla responsabilità di assumere scelte politiche – ha detto Giuliano Battiston di Afgana, autore della mostra fotografica esposta nella sala del MUSE, che è stato in Afghanistan di recente – ma deve essere un punto di partenza per interrogarsi su cosa fare”.

Il governo italiano, infatti, non riconosce i talebani. “Il riconoscimento del governo talebano, per quanto ci riguarda, non è all’ordine del giorno”, ha specificato la viceministra Sereni, che però ha considerato “il realismo” a cui ha accennato Giovanni Visone di Intersos. “Bisogna aprirsi al dialogo”, ha detto Visone. “Il termine inglese, engage, rende bene l’idea, perché non è sinonimo né di legittimazione né di negoziazione. La scelta politica di congelamento dei fondi sta portando a uno strangolamento della popolazione che si ripercuote sui più vulnerabili”.

vitaTrentina

Lascia una recensione

avatar
  Subscribe  
Notificami
vitaTrentina

I nostri eventi

vitaTrentina