In un libro le riflessioni del prof Andrea Zanotti sul ricovero in terapia intensiva

Più di un diario, un memoriale. Non un’esperienza di vita, ma forse l’esperienza della vita. Con il libro “Corona virus l’assedio”, edito da Bononia University Press, il prof. Andrea Zanotti riepiloga “la guerra insidiosa e sconosciuta” che tanti altri come lui hanno affrontato, riflettendo in profondità su quanto essa ti cambia dentro.

Contagiato alla vigilia di Natale 2021 e ricoverato in terapia intensiva, Zanotti ha già raccontato a suo tempo le tormentate tappe del suo ricovero a Rovereto ed ha poi condiviso le riflessioni con Luigi Accattoli e Ciro Fusco, autori del “nostro” libro sui guariti dal Covid (“Fatti di Vangelo in pandemia”, edizioni ViTrenD). Ma in questo volumetto, che ricostruisce “in diretta” i passaggi più delicati della “prognosi riservata”, c’è una distanza temporale che ci offre un’interpretazione più raffinata, matura, riconoscente: “Le difficoltà – una delle acquisizioni forti – ci fanno capire chi siamo veramente”.

Sono pagine segnate dall’alternarsi di fiducia e angoscia, tipiche di ogni di malattia. Con il Covid cìè anche l’imprevedibilità di questo nemico “più aggressivo e strutturato” rispetto alle armi a disposizione (tachipirina e aspirine) che appaiono inadeguate sul campo di battaglia: il linguaggio bellico si giustifica anche perche in latino il termine “corona” significa fra l’altro anche assedio, osserva il docente di diritto canonico.

Folgorante è il modo in cui Zanotti descrive il momento in cui vieni a scoprire che il Covid-19 non è più una realtà esteriore da osservare e da commentare (lui stesso ne aveva scritto sui giornali in distaccate “cronache dal Lazzaretto”), ma è dentro di te: è parte di te.

Prima invece il contagio era un evento che si fermava sulle soglie di casa, che toccava a tanti, ma sempre agli altri, “giacchè – annota saggiamente – tocca sempre a qualcuno che non siamo noi essere intingolati col male di vivere, con un destino avverso”. Si parte da quel tranquillo sabato di febbricola che diventa un week end di paura per evidenziare l’importanza dei legami familiari (“è una grande fortuna e risorsa – osserva Zanotti – avere qualcuno che ti sta vicino, che condivide con te una solitudine altrimenti davvero critica. Sento, come una rassicurante consolazione, tutta la preoccupazione di mia moglie”) e per sottolineare l’impatto purtroppo sempre violento con la burocrazia (anche sanitaria) in cui vede espresso un pericoloso dominio tecnico del nostro tempo: “La burocrazia non è una malattia della politica o dell’amministrazione – scrive amaramente- : è la ridotta nella quale sono costretti i margini del lavoro umano, ormai dedito soltanto alla verifica del rispetto di regolamenti stabiliti altrove e non si sa da chi, e dove la libertà e l’autonomia di ogni essere intellettualmente dotato naufragano”. Ma dentro le corsie appaiono nascosti dietro gli scafandri verdi i sorrisi di infermiere dolci come Anna e si scopre quella complicità genuina che ti lega al compagno di stanza in una solidarietà indimenticabile, anche dopo le dimissioni.

Il libro di Zanotti non è un soliloquio, ma si affolla di tanti personaggi, colleghi, familiari e amici (da Lucio Dalla a Ezio Bosso), che gli si fanno misteriosamente presenti a conferma di quanto la relazione sia l’ultima a morire nell’uomo. Sono dialoghi , non sogni , in cui persone care (come il sapiente montanaro padre Roberto, corista del Coro della SOSAT di cui Andrea è presidente) gli donano la forza per non rinunciare a combattere. Nelle stupende pagine conclusive Zanotti dedica questo memoriale ai più fragili e agli anziani, “a quanti durante la malattia sono capitolati in un esilio crudele” – scrive – “Soffocati dalla mancanza di quell’alito di vita, di quel respiro che Dio dona, nel racconto del Libro, ad ogni creatura. Nei giorni difficili, quelle solitudini le ho avvertite su di me, ne ho intuito il dramma”. Andrea Zanotti si dice grato come “uno che ha ritrovato la via di casa”, sa dare voce – come scrive l’immunologo Sergio Abrignani – ad un sentimento di compassione verso il destino dell’umanità intera: questo sarà ciò che cambierà la prospettiva del futuro, trasformando l’oggi e ogni giorno a venire in un dono”.

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