Maria Romana De Gasperi, testimone autorevole della storia del Novecento

“Vedi, il Signore ti fa lavorare, ti permette di fare progetti, ti dà energia e vita. Poi, quando credi di essere necessario e indispensabile, ti toglie tutto improvvisamente. Ti fa capire che sei soltanto utile, ti dice: ora basta, puoi andare […]”. Maria Romana De Gasperi amava ricordare quest’ultima confidenza del padre Alcide, pronunciata in punto di morte nell’agosto 1954, presso la villetta di Sella Valsugana.

Maria Romana è scomparsa nella notte tra il 29 e il 30 marzo dopo una breve malattia. Aveva da poco compiuto 99 anni, primogenita delle quattro figlie nate dal matrimonio tra Francesca Romani e l’allora deputato capogruppo del Partito popolare e direttore del giornale “Il Nuovo Trentino” (dalle cui ceneri, nel 1926, sarebbe nata “Vita trentina”, diretta dall’amico don Giulio Delugan). Visse l’infanzia e l’adolescenza nella Roma degli anni trenta, figlia di uno dei leader politici più invisi al regime fascista, ma in un clima di serenità e spensieratezza, garantito anche dall’intelligente sdrammatizzazione che della situazione facevano i genitori. “Papà, chi sono quei signori che ti seguono e vengono a controllarti a casa?”.

La risposta è degna di una scena de “La vita è bella” di Benigni: “Sono i miei guardiani. Stanno attenti che nessuno mi faccia del male”. Maria Romana frequentava con la sorellina Lucia la scuola delle suore di Nevers, sul Lungotevere. Volendo risparmiare i centesimi del biglietto per comprare i maritozzi con la panna, saliva sul primo tram, dicendo al controllore di essersi sbagliata e scendendo alla fermata successiva. Aspettavano poi il tram seguente e la scena si ripeteva… fino all’arrivo a scuola. Seguiva l’acquisto del dolce, e poi un salto dal confessore della scuola.

Poi la durezza degli anni della guerra e della lotta clandestina. Nella Roma occupata dai nazisti dopo l’8 settembre Maria Romana si occupava del trasporto di giornali e documenti riservati tra il padre, nascosto in Laterano e nel palazzo di Propaganda Fide, e gli altri leader politici e futuri protagonisti della rinascita democratica del paese. Finita la guerra, al momento di presentare la pratica per il riconoscimento dell’attività partigiana, il padre – divenuto Presidente del Consiglio – le impedisce di farlo. La fa lavorare nella sua segreteria, ma senza stipendio. Lei lo accompagna nei memorabili viaggi alla conferenza della pace di Parigi e negli Stati Uniti, in cerca di sostegno per la ricostruzione postbellica, e seguendo da vicino le elezioni del ’48, l’attività dei governi e la nascita delle prime istituzioni europee.

Nel 1947 si sposa con il torinese Piero Catti, fratello del partigiano Giorgio, ucciso dai fascisti. Avrà tre figli: Giorgio (morto giovane in un incidente), Paolo e Maurizio. Dopo la morte dello statista, nel 1954, inizia la sua attività di giornalista, saggista e divulgatrice del pensiero e della memoria del padre. Lo fece con libri di successo (uno su tutti “De Gasperi uomo solo” del 1964) e una lunghissima serie di articoli (famosa la sua rubrica su “Avvenire”, coltivata fino a poche settimane fa), sempre contraddistinti da un forte ancoraggio alla dimensione spirituale dell’uomo e puntuali riferimenti ai suoi scritti, dei quali fu meticolosa raccoglitrice e attenta conservatrice, anche rispetto a tentativi di un loro uso improprio e strumentale. Amava moltissimo andare a parlare nelle scuole, stabilendo con i giovani un feeling del tutto particolare, frutto del carisma e della sensibilità nella narrazione della storia del Novecento che solo un testimone diretto e autorevole come lei poteva offrire.

Uno dei suoi ultimi scritti fu l’introduzione al libro illustrato “Alcide De Gasperi. La vita di Gesù narrata alla figlia Maria Romana”, edito da Morcelliana. La riproduzione di un album di ritagli del National Geographic con foto della Palestina, composto da De Gasperi durante la sua prigionia a Regina Coeli nel 1927 per cercare di insegnare alla figlia l’atmosfera dei luoghi e dei tempi dove aveva vissuto il Salvatore del mondo. Scrive la destinataria di quel regalo: “Tenni per me questo album per infiniti anni, finché oggi penso sia giusto far conoscere di te, padre, la profondità dell’animo, la sincerità della tua fede, il desiderio di trasmettere a noi come e dove cercare la verità”.

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