Gesù asceso al cielo intercede per noi

Ascensione del Signore C. Illustrazione © Fabio Vettori

29 maggio 2022 – Ascensione del Signore C

At 1,1-11; Eb 9,24-28.10,19-23; Lc 24,46-53

«Mentre Gesù benediceva i discepoli, si staccò da loro e veniva portato su, in cielo». Lc 24,51

 

L’ascensione di Gesù al cielo è il momento conclusivo della sua vicenda terrena, il suo passaggio dalla dimensione storica alla dimensione ultra storica, il suo passaggio dalla storia alla gloria. All’inizio della sua vicenda terrena vi era stato l’abbassamento, l’umiliazione dell’incarnazione, al termine vi è il suo innalzamento, la sua glorificazione nella risurrezione ed ascensione al cielo. Poste queste premesse proviamo ad addentrarci nel contenuto delle letture di questa domenica, cercando di cogliere a quali realtà gli autori del Nuovo Testamento colleghino l’ascensione di Gesù al cielo.

Secondo San Luca, autore dell’omonimo vangelo e degli “Atti degli Apostoli” che leggiamo come prima lettura, all’ascensione di Gesù si collegano alcune realtà. Anzitutto la promessa dello Spirito Santo: «Ecco, io mando su di voi colui che il Padre mio ha promesso» (Lc 24,49), «Giovanni battezzò con acqua, voi invece, tra non molti giorni, sarete battezzati in Spirito Santo» (At 1,5). A partire dall’ascensione del Signore i discepoli devono perciò restare in attesa del dono dello Spirito, dono essenziale alla loro vita ed alla loro missione, poiché alla promessa dello Spirito si collega il mandato missionario e l’efficacia della testimonianza dei discepoli: «Riceverete la forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi, e di me sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samarìa e fino ai confini della terra» (At 1,8). Secondo le parole di Gesù i discepoli saranno testimoni del mistero pasquale che si è realizzato in lui e delle sue conseguenze salvifiche per l’umanità: «Il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni» (Lc 24,46-47).

Se prendiamo la “Lettera agli Ebrei” (seconda lettura) come chiave di lettura dell’Ascensione di Gesù al Cielo scopriamo un’altra prospettiva che arricchisce ulteriormente la nostra riflessione. Gesù che ascende al cielo, che viene “portato su, in cielo” (Luca), che viene “elevato in alto” (Atti degli Apostoli), è il Gesù unico Sommo Sacerdote che entra nel Santuario del Cielo per intercedere per noi e riversare su di noi la benedizione di Dio Padre per mezzo dello Spirito. L’ascensione al cielo è perciò anche l’atto sacerdotale con cui Gesù “non è entrato in un santuario fatto da mani d’uomo, figura di quello vero, ma nel cielo stesso, per comparire ora al cospetto di Dio in nostro favore” (Eb 9,24) ed è l’atto sacerdotale con cui Gesù ci introduce nella pienezza della comunione con Dio: “poiché abbiamo piena libertà di entrare nel santuario per mezzo del sangue di Gesù, via nuova e vivente che egli ha inaugurato per noi attraverso il velo, cioè la sua carne” (Eb 10,19-20).

Davanti al mistero dell’ascensione di Gesù al cielo anche noi, come i primi discepoli (Lc 24,52-53), ci mettiamo in adorazione, ritorniamo alle nostre occupazioni quotidiane animati da profonda gioia, lasciamo trasparire la lode di Dio nella nostra vita, invochiamo il dono dello Spirito Santo per poter essere suoi testimoni nel mondo intero.

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