Scarsità di neve in montagna, Meteotrentino pubblica i dati: l’inverno 2021/2022 tra i dieci più siccitosi dal 1921

Il trimestre invernale 2021/2022 è stato uno tra i 10 più siccitosi dal 1921

È una quantità di neve molto bassa, tra il 50% e il 60% del valore medio della serie storica, quella misurata quest’anno sui ghiacciai trentini. Questo il dato che emerge dal report relativo alla campagna glaciologica primaverile di massimo accumulo, pubblicato sul sito di Meteotrentino e condotto tra il 15 e il 20 maggio 2022 in collaborazione tra l’Ufficio Previsioni e Pianificazione della Provincia di Trento, la Commissione Glaciologica della Società degli Alpinisti Tridentini, il Muse e l’Università degli Studi di Padova.

Dal report emerge la scarsità di innevamento in montagna nella stagione di accumulo 2021/2022 dopo alcuni anni caratterizzati da buoni accumuli nevosi. La causa è da ricercare nel periodo invernale e primaverile, caratterizzati da precipitazioni nevose assenti o molto scarse e da un precoce inizio della fusione dei ghiacciai a causa del caldo intenso del mese di maggio.

Alla fine del mese scorso diversi fronti glaciali si presentavano già privi di copertura nevosa, con circa 1 mese di anticipo rispetto a quanto registrato negli ultimi 20 anni.

Il trimestre invernale – dicembre, gennaio e febbraio – è stato caratterizzato da precipitazioni particolarmente scarse, e risulta tra i dieci inverni più siccitosi dal 1921. Sono cadute in totale da un terzo alla metà delle precipitazioni normali, e le temperature sono risultate molto elevate con il trimestre che ricade tra i 5 più caldi dal 1921.

La primavera – marzo, aprile e maggio – ha visto la prosecuzione dell’anomala fase siccitosa fino a tutto marzo. Le precipitazioni sono riprese ad aprile, ma non sono state sufficienti per recuperare il forte deficit invernale e maggio, normalmente periodo di consistenti accumuli sui ghiacciai, ha visto un precoce inizio della stagione di fusione già nella seconda decade.

Risultato: al termine della stagione d’accumulo i ghiacciai del Trentino presentavano un innevamento piuttosto scarso, già fortemente intaccato dalla fusione a causa delle elevate temperature registrate a maggio. Con un anticipo di almeno un mese si nota, a fine maggio, la scopertura di alcune fronti glaciali, come ad esempio quella della Marmolada e del Mandrone.

I ghiacciai studiati sono quelli del Careser e de La Mare (gruppo Ortles-Cevedale) e quello della Marmolada. Sul ghiacciaio del Careser è stato stimato un equivalente d’acqua del manto nevoso pari a 495 mm, che corrisponde a metà dell’accumulo che mediamente viene misurato in questo periodo dell’anno: si tratta di uno degli accumuli più scarsi dell’intera serie storica, iniziata nel 1967, secondo solo a quello del 2007 (381 mm).

Pari a 607 mm, invece, il dato di accumulo del vicino La Mare, inferiore del 40% rispetto alla media dall’inizio delle misurazioni nel 2003, che risulta essere di 982 mm. Anche in questo caso si tratta del secondo peggior accumulo dopo quello del 2007 (461 mm) e prossimo a quello del 2017 (635 mm).

La stima preliminare degli accumuli della Marmolada, pari a 714 mm, indica anche in questo caso anomalie comprese tra -40% e -50%  rispetto a condizioni normali, pur essendo la serie di misurazioni sul ghiacciaio della Marmolada più breve.

È stata osservata anche una percolazione di acqua di fusione su gran parte del profilo verticale del manto nevoso, ad eccezione del ghiacciaio de Le Mare che è collocato a quota maggiore.

La misurazione avviene tramite dei sondaggi di spessore del manto nevoso su punti specifici del ghiacciaio nel momento dell’anno in cui si raggiungono i massimi valori di innevamento.

I sondaggi sono eseguite utilizzando delle apposite sonde da neve, generalmente in carbonio, e consentono di stimare lo spessore medio della neve sull’intera superficie del ghiacciaio.

Questo valore viene convertito in “equivalente d’acqua”, ottenendo una stima dello spessore della lama d’acqua che si otterrebbe per fusione dell’intero manto nevoso. A tal fine si misura la densità della neve lungo un profilo verticale ottenuto mediante lo scavo di una trincea, ricavando così un fattore di conversione da spessore di neve a equivalente d’acqua.

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