Festa di Villa Sant’Ignazio, dentro le ferite dell’umanità migrante

La cena con “menù di rotta” per la festa di Villa Sant’Ignazio

È nelle ferite dell’umanità che si trova la forza della speranza e del cambiamento. Questo il messaggio lanciato da Villa Sant’Ignazio in occasione della sua festa, sabato 30 luglio, in cui si è parlato in modo particolare di migrazioni assieme al gesuita croato padre Stanko Perica, che opera a Bihac, ma anche assieme a Corrado Consoli, Anita Scoz e Stefano Graiff del Centro Astalli di Trento.

“Le storie che padre Stanko raccoglie non sono fantasie. Sono le vicissitudini delle persone che provano a entrare in Europa, e che vengono respinte con la forza al confine con la Croazia”, ha detto padre Alberto Remondini, presidente di Villa Sant’Ignazio. “E nella nostra provincia il numero di rifugiati più grosso è quello dei pachistani, che arrivano proprio dalla rotta balcanica. Ma ad oggi quasi un centinaio di queste persone vivono in strada nella nostra città, loro che hanno rischiato più volte la vita nel corso del viaggio verso l’Europa”.

L’incontro con padre Stanko Perica, gesuita attivo a Bihac

E’ stato ricordato anche Abdelaziz Naamane, morto a Rovereto una settimana fa, a 48 anni, dopo 10 anni passati in strada. “Aveva fatto domanda assieme a me allo sportello unico per i senza dimora la settimana prima”, ha detto Corrado Consoli, che per il Centro Astalli si occupa di prima accoglienza. Si è parlato anche delle parole vergognose di un gruppo di militanti di Fratelli d’Italia, che qualche giorno fa hanno associato la presenza di topi al Parco delle Albere a quella di persone senza fissa dimora. Una strumentalizzazione politica che però ha fatto nascere una riflessione. “L’aumento di persone senza dimora, in quella zona, c’è stato – ha confermato Consoli -. Si tratta di richiedenti asilo provenienti dalla rotta balcanica, e noi avremmo tutti gli strumenti per evitare che quelle persone rimangano lì e per far sì che vengano accolte”.

L’arcivescovo Tisi: “Dovremo essere molto chiari nel dire che non è più possibile usare i migranti per partite di tipo politico”

Anche l’arcivescovo Lauro Tisi, nella sua omelia, ha parlato del tema delle migrazioni. “La guerra – ha detto – sta finendo nei titoli di coda, ma quello dei migranti è un tema che sta scivolando ancora di più nei titoli di coda. E c’è il rischio che adesso qualcuno vada a ripescarlo, quel tema, per farlo arrivare nelle prime pagine e per strumentalizzarlo. In quel momento dovremo essere molto chiari nel dire che non è più possibile usare i migranti per diffondere fake news e partite di tipo politico“.

L’arcivescovo Tisi ha ricordato anche la figura di Sant’Ignazio, al centro della festa, e della sua ferita, che ha fatto nascere il titolo della giornata: “Nel segno dei chiodi”. “La sua vita non è stata racconto – ha affermato – ma dato di realtà. Ognuno di noi sa che, oltre alle ferite che gli sono state inferte, esistono delle ferite che lui stesso ha inferto agli altri. E se non le trova vuol dire che è cieco”. Sant’Ignazio, però, è anche una provocazione: “Bisogna lasciare – ha concluso Tisi – che il sangue provochi il venir fuori da te di quei tratti d’umano che portano a gesti di futuro e di compassione. Ignazio ha trasformato la sua ferita in una vita in uscita, una vita per tornare a essere umano”.

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