Quanti sassi nei miei sandali, il cronista Giacomo Santini e gli incontri di una vita

Quanti sassi nei miei sandali, il nuovo libro di Giacomo Santini

“I sassi del titolo non sono i sassolini di cui ci si vuol liberare. Sono invece le difficoltà che ciascuno di noi trova nei suoi sandali e nella sua vita. Importante è non darvi troppo peso, cercare di capire come fare a superarle e trovare la strada per evitarne altre”.

Giacomo Santini, 81 primavere ancora verdi, giornalista trentino fra i più noti in Italia, spiega così il titolo del suo ultimo libro (“forse quello a cui tengo di più”, confessa):  una restituzione ai suoi famigliari delle “scoperte” di una carriera non solo giornalistica che per più di 40 anni lo ha visto spesso lontano da casa.

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“Il libro è nato dopo una chiacchierata con mio figlio Alessandro, che mi ha chiesto di lasciargli uno scritto che ricordasse da dove vengo e cosa ho combinato – ha raccontato Santini nell’anteprima di fine luglio a Palù di Giovo – . Mentre i miei figli sono nati a Trento, la mia famiglia è romagnola. Arrivammo a Trento tra il ’51 e il ’52, prima alloggiati all’interno dello stabilimento SLOI, la fabbrica dei veleni”. Poi la giovinezza nel quartiere dei Casoni di via Veneto, i primi lavoretti durante gli studi, il Sessantotto raccontato dall’interno, l’approdo in redazione all’Adige, quindi ai microfoni della RAI, spesso a bordo di una motocicletta.

Giacomo Santini, classe 1941, autore del libro “Quanti sassi nei miei sandali”. Foto © Gianni Zotta

Ogni pagina regala una sorpresa: non è un’autobiografia, ma la “cronaca” in presa ancora diretta di tanti personalissimi e arricchenti incontri lungo le strade del mondo. Oltre a quelle dei venti Giri d’Italia e delle otto Olimpiadi, ci sono anche le strade ed i cantieri della politica, del volontariato, dell’associazionismo cattolico (dall’UCSI al Movimento dei Focolari). Poi i viaggi da europarlamentare in luoghi tormentati del mondo e tante amicizie con sportivi famosi (Gino Bartali ma anche Pietro Mennea) , coristi come quelli del suo “Dolomiti”, educatori come l’indimenticabile poeta don Mario Bebber.

Seguendo il “bernoccolo” del giornalista, che per Santini “richiede soprattutto curiosità e inquietudine”, egli ha cercato di mantenersi fedele alla promessa scout fatta da ragazzo, tanto che ora, con le sue storie di vita condite di buon umore e autoironia, arriva a comunicare fiducia negli altri e speranza nel futuro. Come scrive il grande collega Gian Paolo Ormezzano nella sua “non-prefazione” quella di Giacomo è una testimonianza di “di lavoro, di onestà e di cultura raccattata bene nel mondo oltre che sui libri di carta”.

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