Saper scegliere tra Dio e la ricchezza

Domenica XXV del tempo ordinario C. Illustrazione © Fabio Vettori

18 settembre 2022 – Domenica XXV del tempo ordinario C

Am 8,4-7; 1Tm 2,1-8; Lc 16,1-13

«Nessun servitore può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza» Lc 16,13

 

Le letture di questa e della prossima domenica costituiscono una specie di dittico che ha lo scopo di farci comprendere la necessità di usare i beni in una prospettiva di giustizia e di condivisione. Il versetto al Vangelo di entrambe queste domeniche è lo stesso ed indica la ragione fondamentale di ogni scelta di povertà e di condivisione in prospettiva cristiana e cristologica: «Gesù Cristo da ricco che era, si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà» (2Cor 8,9). 

Come prime letture vengono proposti brani tratti dal profeta Amos, che è il paladino della giustizia politica, economica e sociale. Infatti, per Amos, nella dimensione politica, economica e sociale si manifesta se una persona è autenticamente religiosa o no. Coloro che vogliono dalla Parola di Dio pure e semplici enunciazioni “spirituali”, nel senso peggiore del termine, cioè prediche consolatorie ma prive di impatto sulla realtà, farebbero bene a leggere e meditare questo autore dell’VIII secolo a.C., che non ha timore di sferzare coloro che detengono il potere politico ed economico quando usano la religione come elemento di facciata o addirittura come copertura dell’ingiustizia verso i poveri. Amos non ha paura nemmeno di sferzare gli esponenti del clero quando questi si tappano la bocca per non offendere il potente di turno e si rinchiudono in sacrestia per evitare ritorsioni o la perdita dei propri privilegi.

Come brani evangelici sono proposte due parabole: quella di questa domenica è conosciuta tradizionalmente come la parabola dell’amministratore disonesto, quella della prossima domenica è la parabola di Lazzaro e del ricco epulone. Le due parabole sono unite dai versetti che ricordano l’impossibilità di servire a due padroni, cioè l’impossibilità di perseguire la ricchezza come priorità della vita se si vuole vivere un autentico rapporto con Dio: «Nessun servitore può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza» (Lc 16,13).

Solo leggendo in modo unitario le due parabole evitiamo di interpretare in modo sbagliato la prima. Infatti il vangelo non vuol proporre l’amministratore disonesto come esempio da imitare in campo pubblico: fin troppi l’hanno fatto senza conoscere la parabola e senza bisogno di ispirarsi a questo racconto evangelico. Gesù invece ci dice che questo amministratore disonesto può essere preso a modello per la sua capacità di provvedere al proprio futuro e che un cristiano dovrebbe usare i propri beni per procurarsi gli unici amici di cui ci sarà bisogno il giorno in cui saremo al cospetto di Dio: «Procurarsi degli amici con la ricchezza significa aiutare i poveri. Gli amici sono i poveri. Amici di Dio che devono diventare amici nostri. È l’unico modo per essere accolti nelle dimore eterne. Come il fattore è stato scaltro e pronto nell’approfittare della situazione in cui è venuto a trovarsi, così faccia il discepolo: approfitti con furbizia della sua situazione, utilizzi i propri beni per aiutare i bisognosi» (B. Maggioni, Bisognava fare festa, EMP, 170-171/229).

La ricchezza, che in troppi casi è a servizio dell’ingiustizia e dell’oppressione, va utilizzata come occasione di condivisione. Solo in questo caso essa diventa un bene umano attraverso il quale compiere un autentico atto di culto esistenziale, quello dell’accogliere il Cristo nel povero, sapendo che Lui si è fatto povero (= uomo come noi) per arricchire noi, donandoci la possibilità di diventare figli di Dio.

«Alla fine della vita – sembra dirci il Signore – saranno i poveri che avrete accolto e con i quali avete condiviso i beni terreni ad accogliere voi nel regno di Dio e a condividere con voi la comunione con Dio, l’unica vera vita pienamente ed eternamente felice alla quale aspirare».

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