Fuga di infermieri, i sindacati: “Il tasso dell’1,5% non è fisiologico”

“In questi giorni abbiamo appreso tramite stampa locale che l’Apss valuta la fuga di infermieri come un fatto fisiologico. La stessa dichiara che passare dallo 0,8% al 1,5% non incide, mentre per noi la percentuale evidenzia il raddoppio delle dimissioni annue. Facciamo presente che per un numero elevato come quello degli infermieri circa 2700 in forza diventa un numero consistente”.

Così Giuseppe Varagone, segretario della Uil Fpl Sanità del Trentino, commenta la fuga verso altre realtà del personale infermieristico trentino. I dati a cui si riferisce sono quelli diffusi dall’Apss lunedì 3 ottobre, secondo cui “il personale infermieristico assunto al 1° gennaio 2021 era complessivamente di 3.081 persone, di cui 2.871 a tempo indeterminato, mentre al 1° agosto 2022 era pari a 3.180, di cui 3.037 a tempo indeterminato con saldo positivo di 99 persone sul totale e aumento di 166 unità per il personale di ruolo”.

“Nei primi sei mesi del 2022 – sottolineava sempre l’Apss – il tasso di dimissioni volontarie senza diritto alla pensione del personale infermieristico a tempo indeterminato è stato del 1,5% circa contro lo 0,8% circa dello stesso periodo del 2021; un tasso – commentava l’Apss – pertanto trascurabile e assolutamente fisiologico”.

“A questi dati va aggiunto che nei due anni presi in considerazione i ricoveri e le prestazioni specialistiche non sono aumentate rispetto agli anni pre-Covid e quindi i volumi di attività sono sostanzialmente stabili”, aggiungeva l’Apss, affermando anche che sarebbe “una forzatura dare un’immagine catastrofica della situazione della sanità pubblica trentina che potrebbe incidere negativamente sull’immagine dell’azienda e quindi sulla nostra capacità di attrarre nuovi professionisti. Si fa presente che da sempre c’è un fisiologico movimento di dipendenti in entrata e in uscita e che Apss si è sempre attivata per coprire le carenze di personale”.

Dal canto suo, Uil Fpl Sanità del Trentino sottolinea che la “fuga verso altre realtà” non riguarda “solo gli infermieri, ma la situazione è più grave di quello che si pensa. Altre figure sanitarie come ad esempio tecnici sanitari di laboratorio, di radiologia, ostetriche, medici, personale di supporto come gli oss, hanno lasciato l’Apss per esercitare la propria professione in altri contesti, come quello delle strutture private convenzionate o in altri territori”.

Sulla questione “part time”, il segretario di Uil Fpl Sanità del Trentino afferma che “in questo momento l’Apss non è in grado di dare risposte a questi professionisti della sanità trentina, a partire dal part time ormai saturo”.

“Più volte attenzionato dalla Uil Flp Sanità tramite missive ai vertici dell’Apss per incontrarci e trovare qualche soluzione in merito – aggiunge Varagone – affinché i lavoratori possano conciliare la propria vita lavorativa con quella famigliare; ma nulla di fatto mai convocati!”.

Sulla stessa lunghezza d’onda anche Cesare Hoffer, segretario di Nursing Up Trento: “Abbiamo sempre chiesto all’assessora alla salute Segnana di essere convocati ad un tavolo provinciale per un confronto sindacale – sottolinea in una nota stampa – ma lei si è sempre limitata ad incontrare gli Ordini professionali, eludendo sistematicamente un proficuo confronto da una parte di rappresentanza sociale, quella sindacale, impegnata in prima linea nel raccogliere e risolvere le problematiche dei dipendenti, nonché nell’individuare a livello contrattuale e normativo le proposte di tutela e valorizzazione professionale, sempre nell’ottica di garantire un servizio di qualità al cittadino. In assenza di risposte certe da parte istituzionale, preannunciamo un autunno di lotta e mobilitazione, così non si può più andare avanti”.

Anche Nursing Up Trento contesta infatti l’analisi dei dati che riguardano il personale infermieristico trentino: “L’analisi presentata sui dati del personale in servizio, descritto come incrementato, appare del tutto superficiale, in quanto non entra nel merito dei reali problemi, che sono molteplici”, scrive Hoffer.

“A livello inoltre europeo sono presenti mediamente 9 infermieri ogni 1000 abitanti, in Trentino 7,5 – aggiunge Hoffer -; la carenza è pertanto già strutturale e, a fronte delle centinaia di pensionamenti previsti nei prossimi anni, rischiamo di non avere un adeguato ricambio generazionale, con i giovani neo-laureati che si rivolgono spesso agli stati esteri, dove sono meglio remunerati e considerati”.

Nella nota diffusa, poi, l’Apss precisava che da anni sono state attivate “forme innovative di conciliazione lavoro famiglia impostando politiche del personale che vanno oltre il mero istituto del part-time con interventi quali l’asilo nido aziendale, il progetto lunghe assenze, l’orario personalizzato (in particolare per i non turnisti) e un forte investimento nella formazione (in Trentino, ad esempio, le iscrizioni del personale infermieristico ai master sono coperte con un contributo medio del 60% della tassa di iscrizione, sono stati 153 i master finanziati in 4 anni)”.

Per quanto riguarda il progetto dei nidi aziendali, però, Uil Fpl sottolinea che nel nostro territorio “sono presenti 7 ospedali e l’unico asilo nido aziendale è presente a Trento. Come UIL FPL sanità abbiamo suggerito più volte di estenderlo anche nei vari ospedali periferici e così facendo potremmo incentivare i professionisti che operano in questi nosocomi. A nostro avviso basterebbe fare delle convenzioni con gli asili nido già esistenti nel nostro territorio, anche per questo tema nulla di fatto”.

Un altro elemento che complica la situazione è la difficoltà a trovare un alloggio in provincia: “Per gli operatori che non sono residenti nel nostro territorio – riporta Varagone – trovare un alloggio e diventato un problema, soprattutto nelle realtà turistiche dove i prezzi sono elevati, quindi la scelta di accettare un lavoro presso l’Apss diventa poco attrattivo”.

Anche le tempistiche rappresenterebbero un problema, secondo il sindacato Uil Fpl: “La tempistica per un’assunzione – conclude il segretario – ha tempi biblici, tra una cessazione e un’assunzione passano mesi e chi resta nelle varie Unità Operative e/o Servizi deve compensare rinunciando ai propri riposi o ferie. Ricordiamo che queste problematiche ricadono sui cittadini che dovrebbero usufruire di un servizio sanitario pubblico eccellente”.

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