Tre primi ministri in 4 mesi, è la “Britaly”

Rishi Sunak (qui nel suo primo discorso davanti al N. 10 di Downing Street) è il primo premier inglese non bianco, di origine indiana. Foto Rory Arnold / N. 10 Downing Street

Tre primi ministri in poco più di quattro mesi, dalla defenestrazione di Boris Johnson in luglio alla drammatica fine dopo solo sei settimane della sua sostituta Liz Truss alla nomina del nuovo primo ministro Rishi Sunak.

Mai successo prima nella lunga storia della democrazia inglese, tanto che l’Economist ha sparato in copertina il neologismo Britaly! Un riferimento allo stereotipo, molto diffuso all’estero, del nostro paese troppo spesso alle prese con un cambio di governo.

In realtà quello che succede oggi a Londra è molto più simile ai continui passaggi di testimone fra i vari leader della Democrazia Cristiana ai tempi della Prima Repubblica. In effetti questa è una crisi di potere che scuote profondamente il partito conservatore e non l’assetto di governo: le sostituzioni di primo ministro negli ultimi mesi non toccano infatti la possibilità per i conservatori di continuare a guidare la nazione.

Gli 80 seggi di vantaggio alla Camera dei Comuni permettono infatti al partito di Boris Johnson di trovare con incredibile rapidità, rispetto agli standard italiani, una nuova leadership. Semmai, quello che va sottolineato, è il caos che si è manifestato in questi ultimi tempi nelle file del partito.

Vale la pena sottolineare come ben 60 ministri abbiano dato le dimissioni sotto la premiership di Boris Johnson fino a portarlo alla caduta per mancanza di sostegno politico da parte dei suoi stessi colleghi di partito. Eppure è lui che nel 2019 sull’onda dello slogan, Get Brexit Done, aveva ottenuto alle elezioni l’incredibile maggioranza che abbiamo ricordato. Ma la sua mancanza di credibilità, etica e costanza lo hanno poi condannato.

La breve successione di Liz Truss è stata un disastro ancora peggiore, con la folle proposta di tagli di tasse (ai più ricchi) e di estesi sussidi ai prezzi dell’energia, pari a 320 miliardi di sterline. Il crollo della sterlina e della borsa ne sono stati l’ovvia conseguenza. Con il tipico umorismo nero britannico, la stampa popolare ha sottolineato che “la Truss (in sei settimane) ha seppellito la Regina, la sterlina… e il partito conservatore”.

Malgrado ciò, come sopra detto, il sistema parlamentare inglese permette ad un partito, pur in crisi ma con una forte maggioranza a Westminster, di continuare a governare. Oggi, quindi, il nuovo leader del partito e di conseguenza del governo è Rishi Sunak, che passerà alla storia come il primo premier inglese non bianco, di origine indiana.

Ma Sunak, ricchissimo di suo, non è certo una novità. Ha rivestito infatti dal 2020 il ruolo cruciale di cancelliere dello scacchiere proprio con Boris Johnson e sono state le sue dimissioni nell’estate del 2022 ad accelerare la caduta del suo capo. Il suo nome si è riproposto poi assieme a quello della Truss nella competizione interna per sostituire Johnson, ma ha prevalso la collega di partito. Ora a contrastarlo sembrava riemergere la figura, ancora popolarissima nella base del partito, di Boris Johnson che è ritornato precipitosamente in patria dalle vacanze nei Caraibi. Per fortuna questa incredibile, ulteriore farsa è stata risparmiata al paese, con uno spiraglio di lucidità nella testa dell’imprevedibile Johnson, che ha compreso come un ritorno al potere avrebbe fatto esplodere il partito conservatore e il suo stesso paese. C’è infatti da considerare lo stato pietoso in cui si trova oggi l’economia inglese, con un’inflazione che si colloca al 10,1%, cifra che non si vedeva da 40 anni. Ad essa si aggiunge un indebitamento pubblico sempre più alto, accompagnato da una crisi finanziaria e della sterlina estremamente gravi. Situazione economica che va in parte fatta risalire alla disgraziata decisione di uscire dal grande mercato dell’Unione europea, che se da una parte ha rafforzato il nazionalismo e il populismo diffuso in Inghilterra, dall’altra l’ha tagliata fuori dai grandi piani di sviluppo dell’UE a cominciare dal piano di ripresa e resilienza del dopo-pandemia. La Gran Bretagna rischia quindi di divenire il grande malato nel gruppo del G7, in coda alle maggiori potenze economiche mondiali.

Sunak avrà quindi un compito estremamente gravoso in una situazione politica ed economica interna molto precaria, con sondaggi che vedono i laburisti all’opposizione prevalere di ben 30 punti e i conservatori dare l’impressione di un partito allo sbando. Per di più all’orizzonte si profilano altri due problemi che minacciano l’unità stessa della Gran Bretagna. Il primo è la richiesta della Scozia di indire un nuovo referendum sull’indipendenza dalla madrepatria allo scopo di rientrare nell’UE. Il secondo è la questione ancora aperta della collocazione dell’Irlanda del Nord, che rimanendo all’interno del mercato unico europeo potrebbe essere tentata di procedere nel disegno di riunificazione all’Irlanda del Sud. Tutte e due problematiche aperte dopo la Brexit, voluta dal partito conservatore ed oggi all’origine della sua grande crisi. Mantenere l’unità del paese e del partito saranno quindi le grandi sfide che Rishi Sunak dovrà affrontare.

vitaTrentina

Lascia una recensione

avatar
  Subscribe  
Notificami
vitaTrentina

I nostri eventi

vitaTrentina