Cattani due anni dopo: uno scritto su papa Francesco

Durante la Messa celebrata stamattina nella “sua” chiesa di Sant’Antonio il giornalista e scrittore Piergiorgio Cattani è stato ricordato nella preghiera a due anni esatti dalla morte. Come i familiari e tanti amici, anche noi di Vita Trentina abbiamo pregato per questo insostituibile collaboratore, stimolante compagno di viaggio al quale Paolo Ghezzi ha dedicato lo scorso anno il libro “Creatura futura”, edito da ViTrenD .
In redazione lo ricordiamo con nostalgia e riconoscenza attraverso il richiamo di un testo – significativo della sua umanità e della sua fede – che Piergiorgio ci aveva affidato nel giugno 2014, ancora emozionato per aver realizzato il sogno di partecipare alla Messa mattutina con il Papa nella residenza di Santa Marta.

Come un parroco di periferia, papa Francesco si presenta con paramenti poveri – così lo descrive Piergiorgio nella sua personalissima cronaca-testimonianza –  senza seguito: celebra la Messa compreso e concentrato, con una voce flebile, ma ferma. Come si vede in televisione, Francesco si siede stanco, ma probabilmente è un modo di vivere con maggiore attenzione la liturgia. Sembra rianimarsi al momento dell’omelia”. Ne riassume efficacemente i contenuti e poi riprende: “Verrebbe da applaudire, invece siamo invitati da un silenzio austero e profondo come la cerimonia, come lo stile liturgico ed esistenziale del pontefice. Nello stesso clima seguono l’offertorio, la consacrazione, l’eucaristia, i riti conclusivi. Il Papa rientra nella piccola sagrestia da cui esce, qualche attimo dopo, per sedersi tra i banchi in fondo alla chiesa, in preghiera, in silenzio, come un umile fedele. Osservarlo fa davvero impressione”.

Con un efficace stacco giornalistico, Cattani confeziona e ritaglia così l’immagine di chiusura del pezzo. Eccola: “Alcuni minuti poi Francesco esce e aspetta nella sala dell’ingresso di salutare uno a uno i suoi ospiti, come un premuroso padrone di casa. L’emozione cresce. Un saluto affettuoso  e partecipe è rivolto anche a me, insieme con una paterna e ripetuta benedizione. Francesco mi sembra di averlo avuto da sempre come parroco e compagno di viaggio. La sacralità di una figura un tempo inavvicinabile, quasi sospesa tra cielo e terra, si trasforma nella vicinanza accogliente di un padre che non giudica, ma che capisce nel profondo, avvicinandosi in punta di piedi al cuore di ciascuno. Tenerezza, misericordia, gioia: queste le parole della predicazione del vescovo di Roma. Le stesse parole si leggevano nel suo volto. Un volto che conosce la sofferenza, ma che la supera con una forza spirituale percepibile da chiunque. Il saluto dura una manciata di secondi, un tempo sufficiente per un incontro indimenticabile: quando l’attimo è favorevole, come dice San Paolo, esso riempie la vita”.

Grazie, Piergiorgio, anche per gli attimi in cui hai riempito la nostra vita.

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