Il rivano Nick Petricci si è aggiudicato con la sua band la nuova edizione di Suoni Universitari. Lo abbiamo intervistato

La band vincitrice di Suoni Universitari. Da sinistra, Iacopo Migliorini, Claudio Bonavida, Nick Petricci, Steeven Ganpat e Angelo Silvano Festi. Foto Sabrina Santorum

Suoni Universitari, anche quest’anno – per la diciassettesima volta – ha riaperto le porte agli artisti iscritti nelle università trentine che hanno proposto musica di propria composizione. Un’organizzazione complessa, che ha visto coinvolti Opera Universitaria, il Centro Servizi Culturali Santa Chiara, il Centro Musica del Comune di Trento e le associazioni universitarie UDU, Unitin, Asi Leonardo e Sanbaradio.Sedici i gruppi in gara (e un gruppo ospite a serata) che, per tutto il mese di novembre, sono stati applauditi da oltre 1.500 spettatori nelle quattro serate di selezioni. Fino alla finale di mercoledì 7 dicembre che ha incoronato il vincitore, il rivano Nick Petricci e la sua band.

Nick, come è nata la tua passione per la musica? E la tua carriera da musicista?

Sono stato introdotto nel mondo della musica da mio padre, bassista e musicista, ed è subito scattata la scintilla. Da lì ho deciso di iscrivermi alla Scuola Musicale e al Conservatorio suonando la chitarra. Grazie all’ascolto della musica Rock mi sono interessato a basso elettrico e chitarra elettrica. Da queste basi poi sono finito per appassionarmi alle percussioni (batteria) e infine alla musica d’ambiente.

Cosa rappresenta per te la musica e come la classificheresti nella tua vita?

Fondamentale. Ritengo sia in ognuno di noi, basta scavare e trovarla. Inoltre, senza musica non ci sarebbero eventi, concerti; perciò, noi come artisti e pubblico non avremmo un punto di ritrovo e incontro.

Spiega la tua arte in una frase o in una parola.

Ricercare. Secondo me la ricerca sta alla base della curiosità, perché è importante per un artista andare a esplorare e affrontare esperienze nuove senza focalizzarsi in un unico genere. Viaggiare aiuta a cogliere anche gli aspetti culturali, fondamentali per la ricerca della propria identità.

Ti sei mai pentito di qualcosa in materia musicale?

No, perché anche la cosa più brutta che è accaduta alla fine è stata un insegnamento. È qualcosa che dà forza e fa continuare, stimolando a fare di più.

Come valuti Suoni Universitari?

Darei 10 su 10 sia all’organizzazione sia al contest in sé. Questo perché non è questione di vincere, ma di avere a disposizione un’occasione per fare una bella serata, un bel concerto e portare la tua musica al pubblico. È un’ottima possibilità per emergere.

La tua è stata una proposta assai suggestiva e alternativa. Questi fattori possono essere gli ingredienti vincenti per poter salire la classifica, ma al contempo possono essere soggetti di incomprensione. Hai avuto delle paure a riguardo oppure eri sicuro dei tuoi risultati?

Avevo delle paure a riguardo prima di fare l’esibizione, questo fino a 2 minuti prima di suonare sul palco. Mi ero chiesto se una proposta del genere potesse interessare. Dopo le prime note mi ero reso conto che stava attirando e con il primo brano avevo realizzato che stavo facendo qualcosa che piaceva sia a me sia al pubblico. È stata una grande soddisfazione e adesso è uno stimolo in più per continuare con la musica strumentale che all’apparenza può sembrare noiosa, ma a volte può dire più di un testo.

Com’è stata questa vittoria e come ti sei sentito?

È stata inaspettata per tutti proprio per aver proposto musica strumentale. Ogni brano è stato anticipato da una lettura recitata, permettendo all’esibizione di acquisire una solida tridimensionalità e dare allo show il giusto filo conduttore. Un ringraziamento va a Nicole, Samuele, Marianna, Giovanni e Pietro per aver scritto i testi.

Quali sono i tuoi progetti per il futuro?

Uscirà a breve un nuovo singolo – suonato come inedito a Suoni Universitari – e nel 2023 un nuovo EP strumentale. Suoneremo al Sanbàpolis in primavera in apertura per un artista ancora non nominato e poi speriamo ci saranno altre novità di questo tipo.

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