Senza dimora: la carità c’è, manca la giustizia

Foto © Gianni Zotta

Sempre più persone finiscono in strada. E sempre più vi muoiono. Nella solitudine e nell’abbandono. Uno scandalo. Uno schiaffo che dovrebbe farci cambiare rotta nel modo con cui affrontiamo questo dramma sociale. Lo scorso anno sono morte in Italia 388 persone senza dimora. Nel 2021 erano state 250. Nel 2020, 212. Non si muore in strada solo d’inverno, ma in tutte le stagioni. L’anno scorso i morti nei mesi invernali sono stati 86, ma 106 in estate, 97 in primavera e 99 in autunno (i dati sono della fio.PSDFederazione italiana degli organismi per le persone senza dimora che ha pubblicato un dettagliato rapporto sul suo sito).

L’emergenza non è il freddo, che ovviamente è una minaccia gravissima. È la vita in strada, in sé. Terribile, sempre. Sotto ogni cielo. Ogni giorno. Riflettano i nostri governanti quando chiudono i dormitori passato l’inverno. Come se dopo marzo dormire in strada fosse accettabile. È disumano, sempre. E uccide, sempre.
Ogni anno il medesimo copione. I dormitori, al di là dei pochi soliti stabili, e al di là del generoso impegno del volontariato e della diocesi, vengono allestiti sempre in ritardo, a inverno avanzato. E chiusi sempre troppo presto, a inizio primavera. Per sbarazzarsi in fretta del “peso”. Deve succedere qualcosa perché le istituzioni diano un tetto ai troppi che dormono in strada. Ogni anno il solito copione. Francamente indecente.

Quest’inverno c’è voluta la morte di un ragazzo egiziano di 19 anni, Mostafa Abdelaziz Mostafa Aboulela, stroncato dal freddo a Bolzano la notte tra l’8 e il 9 dicembre, sotto il cavalcavia ferroviario, perché la ricca Provincia autonoma altoatesina aprisse quei luoghi di accoglienza che non si erano voluti aprire prima. E anche in Trentino, scossi da quella morte, ci si è precipitati ad aumentare i posti letto. Ma nelle settimane precedenti il dramma, sia a Bolzano sia a Trento, più di una voce s’era levata per denunciare la grave mancanza di posti letto. Invano. C’è voluta la morte del povero Mostafa per smuovere le istituzioni. Nella regione in vetta alle classifiche per qualità della vita. Che vergogna.
Mostafa era venuto in Italia dalla Francia per lavorare e aiutare la sorella che si sposava. Invece è tornato cadavere a casa, nel governatorato di Garbeya, a Nord del Cairo, dove in tanti l’hanno pianto, a partire dai genitori, dal fratello e dalla sorella. A Bolzano si era rivolto agli uffici deputati per un letto. Ma in lista d’attesa c’erano 170 persone. E così si è riparato sotto i cartoni. E lì un amico l’ha visto morire.

Non si può andare avanti così. Bisogna cambiare radicalmente rotta. Nella politica dei dormitori, innanzitutto. Che non possono aprire a inverno inoltrato e chiudere quasi tutti a marzo. Si muore ogni giorno in strada. Nell’inferno della strada. Ma, soprattutto, bisogna evitare che le persone finiscano in strada.

Non siamo più di fronte ai “barboni” del nostro amato don Dante Clauser, l”apostolo” dei senza dimora, di cui l’11 febbraio prossimo ricorre il decennale della scomparsa. Siamo di fronte a un fenomeno sociale di proporzioni sempre più vaste. Secondo il censimento Istat dell’autunno 2021 le persone senza dimora in Italia sono 96 mila. Una “città” grande quasi come Trento (e forse di più, perché molti sfuggono ai censimenti).

Le ragioni di questa crescita sono molteplici. A partire dalla crescita delle povertà più pesanti. E delle fragilità, personali e familiari. Manca una politica vera della casa per chi cade nell’emarginazione e nella povertà estrema. In Italia il 7,6 % delle persone è in condizione di grave esclusione abitativa, contro la media europea del 4,8%.
Inoltre, in questi anni si sono buttate le persone in strada addirittura attraverso le leggi, come i famigerati decreti “sicurezza” che hanno privato di un tetto migliaia di stranieri che il tetto lo avevano. Non solo. Molti richiedenti asilo che avrebbero diritto all’accoglienza continuano ad esserne privati per decisione politica. Cioè per xenofobia. Per odio verso gli stranieri. E finiscono in strada. Ma l’accoglienza è loro riconosciuta dal diritto internazionale che l’Italia ha fatto suo. Così le istituzioni violano il diritto e fanno crescere a dismisura le persone senza dimora.
Non solo. Ci sono stranieri che lavorano ma ai quali nessuno dà in affitto un appartamento. Anche a Trento. Per razzismo o per chissà quale paura. E che dormono in strada.

All’origine della crescita della popolazione senza dimora ci sono spesso violazioni del diritto e dei diritti delle persone. Da parte di istituzioni e di cittadini. È una questione di giustizia, in primo luogo. Non di carità. Questa non manca, per fortuna. Manca la giustizia. Che stava a cuore a don Dante Clauser non meno della carità. Bisogna ripensare le politiche per le persone senza dimora partendo dal rispetto del diritto e dei diritti di ogni persona. Chiunque essa sia. Italiana o straniera che sia.
Primo Levi, grande testimone della Shoah, continuava a ribadire: l’inferno della distruzione umana comincia quando una parte degli esseri umani è privata dei diritti di tutti. Non vale come gli altri. Vale meno. Vale poco. E poi finisce che non vale nulla.

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