Festa della vita consacrata. Tisi: “Non cercate lo specchio”

Con le parole del Beato Stefano Bellesini (memoria liturgica del primo febbraio) che diceva “Studiare la religione non è altro che studiare Gesù Cristo”, l’Arcivescovo di Trento Tisi ha cominciato la sua omelia per la festa della vita consacrata celebrata oggi in Duomo e centrata sul cantico di Simeone. “L’ultimo degli inni che arricchiscono i “vangeli dell’infanzia”, contrariamente a come spesso lo percepiamo – ha spiegato il vescovo – , non celebra la conclusione di una vita, ma è il saluto festoso all’alba messianica, che si sta schiudendo per Israele e tutti i popoli della terra.

La vita religiosa, pur con i suoi molteplici carismi, mi piace immaginarla unificata nella testimonianza piena di gioia che la storia umana non è orfana; il Padre la abita e la visita continuamente con il dono del suo Figlio e dello Spirito Santo”. Secondo l’Arcivescovo, “mostrare la forza e la bellezza della libertà è una grande opportunità che viene affidata alla vita religiosa”. Parlando ai numerosi religiosi e religiose (ma anche membri degli istituti secolari e altri consacrati) presentati dal vicario padre Maurizio Baldessari, mons. Tisi ha invitato a “tornare alle origini della vostra vocazione: altro non troverete se non lo stupore, l’attrazione del Maestro che ha fissato gli occhi su di voi”. “Cari religiose e religiose – ha proseguito, chiedo allo Spirito Santo che, grazie alla vostra profezia, la nostra Chiesa diocesana ritrovi “l’amore di un tempo”, la passione per Gesù. È attorno a Lui e non ad altro che dobbiamo pensare la riforma della nostra Chiesa. Abbiamo bisogno di uomini e donne non autoreferenziali che si alzano il mattino e non cercano lo specchio, ma il volto di fratelli e sorelle a cui destinare la giornata. Uomini e donne capaci di versare lacrime di compassione e commozione per chi è segnato dalla sofferenza e dalla solitudine. Uomini e donne sereni che non si prendono troppo sul serio, capaci di sorrisi accoglienti. Uomini abitati dalla mitezza che non fanno sconti alla durezza del reale, ma sanno aprire un varco alla speranza”.

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