È morto a 105 anni l’insegnante Felice Manzinello

Foto: Gianni Zotta

È morto all’età di 105 anni Felice Manzinello, classe 1917, vero e proprio testimone del Novecento. “Orfano di padre in tenera età, prigioniero in India per cinque anni durante la seconda guerra mondiale, Felice è stato poi maestro di generazioni di bambini e guida turistica, probabilmente la prima della città”, scrive il sindaco di Trento, Franco Ianeselli, per ricordare Manzinello, che era anche lettore affezionato del nostro settimanale.

Felice Manzinello ha fatto l’insegnante per 26 anni. Dopo aver studiato presso la Congregazione dei Padri Venturini, sulla collina di Trento, tenta la strada del sacerdozio, ma capisce che non fa per lui. Passa allora alle magistrali di Rovereto, dove si diploma nel 1936.

Un dopo arriva la cartolina della naja: viene inviato a Napoli per il corso sottufficiali di fanteria. Farà scuola un anno a Nova Ponente e poi a Povo dove nel 1941 lo coglie lo scoppio della guerra e l’imbarco su una nave. Destinazione: il deserto della Libia, nella difficile zona di Tobruk. “Arrivarono gli inglesi – aveva raccontato al nostro settimanale in un’intervista rilasciata in occasione dei suoi 100 anni (qui il link) – erano i tempi del generale Rommel, la volpe del deserto; ci fecero prigionieri il 24 aprile 1941 e ci misero su una nave per portarci in India: dopo un viaggio di 15 giorni eravamo a Bombay e poi Bangalore”.

Nella sua “seconda vita”, Felice ha insegnato alle scuole di Trento, tra cui le Verdi di via Tommaso Gar. È stato poi guida turistica, grazie alla sua conoscenza delle lingue ed alla sua curiosità verso la storia e l’arte. La passione sociale lo ha visto anche alla guida del Circolo ACLI e la sensibilità canora lo ha portato a fondare nel 1968 il Coro Montesel, di cui fu presidente fino al 1974.

“Lo scorso novembre – ricorda il sindaco di Trento, Franco Ianeselli – quando ho avuto il privilegio di fargli gli auguri per il compleanno, gli ho chiesto quale fosse il segreto della sua straordinaria longevità. Felice ha tessuto le lodi del suo minestrone di verdure, ma io credo che ci fosse anche altro. Per esempio l’atteggiamento positivo con cui guardava alla vita, il suo essere felice di nome e di fatto, nonostante gli acciacchi e le disavventure. Riposa in pace, Felice”.

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