Miserère per chi blatera, Signore…

Sì, miserère: abbi pietà, Signore, non dei sessantaquattro e più dispersi che le onde rabbiose dello Ionio hanno inghiottito…

Siam certi: di loro tu hai già pianto anche per chi di lacrime ha la fonte inaridita… Miserère per chi blatera, Signore, e va dicendo – tutto cervello e niente cuore – che ognuno a casa sua deve restare, anche se il terremoto l’ha distrutta… anche se bombe piovono dal cielo… anche se là violenza e fame fan morire sulla terraferma, anziché in mare.

Miserère per chi ha fatto il callo ormai alle sagome di bimbi ricolme d’acqua salmastra distese allineate sulla sabbia… di mamme – e padri – che han già sofferto troppo per poter, piangendo, urlare ancora.

Miserère, Signore, per chi colpevolizza a suon di leggi chiunque dà speranza ai derelitti e li consola: non è questo il patìr per la giustizia che tu intendi? Miserère, Signore, per chi ripete il ritornello ipocrita (falso alibi d’anime… forse pie, ma disumane) “non tutti… non tutti noi possiamo accogliere!”.

Poni fine a questo dire – in apparenza saggio, eppur maligno – fino al giorno in cui si muterà in quest’altro: “Non possiamo mai più vendere armi, stroncar vite e far scappare… per poi negare aiuto a chi lo invoca… e continuar tranquilli a portare a spasso il cagnolino!”. Sì, Signore, miserère. E se non osiàm nemmeno alzare gli occhi, abbassa i tuoi – più umani – vienici incontro.

E poi: perdona ancora. Sì, miserère.

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