Una doppia guerra, che complica la pace

Roma, 25 febbraio 2023. La Manifestazione per la Pace.

Dopo un anno di guerra brutale la situazione sul terreno ucraino assomiglia molto alla fase di stallo della I Guerra mondiale: migliaia di soldati morti nelle trincee e nel fango delle Fiandre e del confine fra Francia e Germania. È quello cui oggi stiamo assistendo attorno a Bakhmut nella regione del Donbass. Circa 1000 morti da una parte e dall’altra al giorno a fronte di avanzamenti (russi) che si calcolano in pochi metri alla volta. In altre parole, una guerra di attrito che conviene molto al regime di Vladimir Putin. Egli può infatti mandare al fronte tanti giovani ed inesperti soldati senza apparenti conseguenze politiche sul piano interno. Una volta si diceva “carne da cannone”, significando con questa cruda frase il disprezzo per le morti dei propri soldati mandati a farsi massacrare per i sogni di potenza imperiale dell’attuale capo del Cremlino.

Sul fronte interno ucraino l’approccio sembra apparentemente lo stesso: anche qui il numero di vittime militari, a cui è necessario aggiungere quelle civili, è estremamente elevato. Ma nel caso di Kyiv la sopportazione di questi lutti è sostenuta dal forte spirito nazionale e di difesa del paese di fronte all’aggressione russa. A rappresentare questa grande coesione nazionale è proprio il presidente Volodymyr Zelensky che ha subìto nel corso della guerra una profondissima mutazione personale. Vale la pena ricordare che Zelensky fino al 24 febbraio dell’anno scorso non credeva alla possibilità che Putin lanciasse un attacco. Anzi, era piuttosto infastidito dai continui allarmi americani sull’imminenza dell’invasione e allo stesso tempo non dava retta ai suoi collaboratori e ai capi militari sulla necessità di avviare una mobilitazione militare per fare fronte a qualsiasi evenienza. Per di più nei due anni precedenti, dopo la sua inaspettata elezione a presidente dell’Ucraina, le prove del suo governo erano state molto deludenti. Aveva promesso molto durante la campagna elettorale, ma poi aveva ottenuto molto poco sul piano concreto.

Il miracolo si manifestava dopo poche ore dall’inizio dell’avanzata russa verso Kyiv: Zelensky rifiutava l’offerta del governo americano di riparare all’estero assieme alla famiglia, e si trasformava
in poco tempo nel “comandante supremo” del suo paese. Ma più che occuparsi degli aspetti militari, il presidente ucraino si è trasformato in un formidabile comunicatore, utilizzando in questo modo l’esperienza maturata negli anni in cui faceva l’attore. Agisce quindi sul piano interno con i messaggi serali al suo popolo per incoraggiarlo ed aggiornarlo sulle vicende militari e sulle misure difensive da adottare. Ma agisce soprattutto sul fronte esterno verso i paesi dell’occidente e del mondo intero per chiedere aiuto militare e finanziario e per conquistare i cuori della gente in sostegno della causa ucraina. Utilizza quindi tutti gli strumenti della retorica e dell’oratoria appresi nella sua precedente professione e sfrutta la sua grande conoscenza nell’uso dei mass media. Questo ruolo è di enorme importanza per l’Ucraina, dal momento che l’obiettivo principale di questa straordinaria azione di coinvolgimento delle opinioni pubbliche occidentali è quello di mantenere unito il fronte dei sostenitori di Kyiv. È questo un aspetto inedito della guerra con Putin, che non si svolge solo nel confronto militare sul terreno, ma anche in quello delle alleanze politiche. Lo zar del Cremlino, infatti, si muove esattamente nella direzione opposta, quella cioè di disgregare il sistema di sostegni politici che Zelensky è riuscito a costruirsi in questo anno di conflitto. Attraverso l’uso continuo di fake news sulle responsabilità dell’Ucraina che non ha voluto la pace o il continuo ripetere lo slogan su un occidente pronto a distruggere la Russia e a piegarla ai propri interessi, Vladimir Putin tende a giustificare al proprio interno la necessità della guerra all’Ucraina e al tempo stesso ad influenzare le opinioni europee e americane sui torti che la Russia sta subendo. Strategia che sta dando dei frutti se è vero che nel caso degli Stati Uniti, il maggiore e decisivo sostenitore di Kyiv, i sondaggi indicano che il favore verso l’Ucraina è sceso in un anno dal 73% al 58%. Andamenti simili si registrano anche nei paesi europei, a cominciare dall’Italia dove diverse forze politiche remano oggi contro le decisioni del  governo di mantenere il sostegno, anche militare, all’Ucraina. Ciò spiega anche l’interesse di Mosca di allungare a dismisura i tempi della guerra, in attesa che con il trascorrere del tempo gli  elettori europei e americani finiscano per punire i propri leader politici sostenitori delle ragioni dell’Ucraina.

Una guerra a tutto campo, quindi, in cui la capacità di Zelensky di mantenere forti rapporti con l’Europa e la Nato va in conflitto con la politica di Putin di ottenere esattamente il contrario. Minare cioè la continuità del sostegno europeo e americano all’Ucraina con le armi della propaganda e facendo leva sull’interesse egoistico dell’occidente a mantenere rapporti commerciali ed economici con Mosca.

Questa doppia guerra, militare e di comunicazione, non fa altro che complicare la ricerca di una strada verso la pace, tenendo anche presente che la Russia può resistere nel tempo alla guerra di attrito più facilmente di quanto lo possa fare l’Ucraina, sostenuta quasi unicamente dalla volontà politica dell’occidente.

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