Dai migranti ai balneari, le tante spine della Meloni

Giorgia Meloni. Foto Presidenza del Consiglio dei ministri

Sebbene Meloni abbia ancora qualche trasferta internazionale in programma, deve adesso occuparsi di una politica interna che presenta non poche spine. La più macroscopica è la questione dei migranti rilanciata dalla strage di Cutro, ma anche la questione dei balneari ha il suo impatto così come la questione degli anarchici, quella del reddito di cittadinanza e altre. Lo shock che ha avuto sull’opinione pubblica il naufragio della barca di migranti a qualche centinaio di metri dalle spiagge calabre con l’alto numero di vittime inclusi molti bambini non può essere archiviato con facilità, specie dopo l’infelicissima gestione che ne ha fatto il ministro Piantedosi. La tragedia è servita per rilanciare il tema di una gestione dei flussi migratori che non si governa con sparate a vanvera, ma neppure appellandosi all’Europa che non manca di dare qualche buona parola, ma pochissimo in materia di soluzioni al problema.

La via d’uscita che sembra affacciarsi consiste nel prendere in mano il tema dell’apertura di canali legali per facilitare l’arrivo di immigrati. Le industrie e l’agricoltura ne hanno bisogno, si buttano lì cifre molto consistenti, ma non è chiaro se poi chi li chiede sia disposto a dar loro una sistemazione decorosa. Se infatti si continua sulla via di considerarli mano d’opera da sottopagare e da lasciare alla ventura per la loro sopravvivenza si finirà per creare problemi di convivenza e integrazione, non certo cose che possono giovare alla destra-centro (ma poco anche alla sinistra, che al più può cavalcarle per polemica).

La questione dei balneari continua ad essere una mina vagante. L’Europa giustamente pretende che l’Italia si adegui alle regole comunitarie sulla concorrenza e minaccia di sospendere i finanziamenti del PNRR se il governo continuerà a cedere ai ricatti di una minoranza di privilegiati. Però per la maggioranza non è facile cambiare strada, considerando che sulle concessioni si sono spesi sia la Lega che FI e che lo stesso partito della Meloni era della compagnia quando stava all’opposizione. Si aggiunga che c’è una pronuncia del Consiglio di Stato che impone di rispettare quanto si è deciso (la messa in concorrenza col gennaio 2024) per cui la difesa ad oltranza dell’ostruzionismo anti europeo è veramente controproducente. Eppure perdere i finanziamenti europei per cedere alle pretese di una minoranza che ha già guadagnato negli anni scorsi, sarebbe non solo una follia in sé, ma un danno molto rilevante per l’economia italiana.

Non è da sottovalutare neppure la sfida contro l’ordine pubblico messa in opera da frange di violenti che si ammantano del vessillo dell’anarchia. Quanto è avvenuto a Torino con
devastazioni estese minaccia di ripetersi in altre città con la scusa della protesta contro il 41 bis applicato all’anarchico Cospito in sciopero della fame. La situazione è di quelle che sembrano
prive di soluzioni: lasciar morire il prigioniero non si può, ma questi vuole così sfidare lo Stato; la decisa repressione delle violenze di piazza implica un salto di qualità pesante che non è poi facile circoscrivere. Aggiungiamo all’elenco, tanto per rimanere nella attualità più immediata, la questione della riforma del reddito di cittadinanza. Come sempre in questi casi la misura così come è stata applicata ha creato un piccolo mondo parallelo, che non è fatto solo di coloro che, come dice la leggenda metropolitana, grazie a quello evitano di lavorare, ma soprattutto di quelli che grazie al reddito accettano impieghi in nero sottopagati con un non banale guadagno da parte di alcuni settori economici.

Poi ci sono i poveri veri, che non si capisce se saranno in grado di riconvertirsi ad un nuovo sistema, perché le burocrazie sono sempre complicate. È banale ricordare che su questo universo concentrato soprattutto nel Meridione i Cinque Stelle hanno costruito il loro zoccolo duro e che non arretreranno dall’incendiare questi ambienti. In un contesto reso infiammabile anche dalla progettazione di una autonomia regionale differenziata che non si sa come potrà essere governata senza fare sconquassi la possibilità che la riforma del reddito di cittadinanza rilanci focolai di tensione è piuttosto alta. Come si vede il governo ha molte questioni da affrontare e non sembra avere una classe dirigente, a partire da quella governativa, all’altezza di queste sfide.

La corsa di molti suoi esponenti a dichiarare giusto per mostrare la loro sintonia con i presunti cambi di vento è una pesante palla al piede per Meloni che si trova così indebolita nella gestione di dossier impegnativi soprattutto sui tavoli europei. E questo è per il suo governo il problema più complicato.

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