L’organo trasforma in preghiera i silenzi degli spazi

Foto Gianni Zotta

È interessante lo spunto ripreso dall’intervista del quotidiano “Il nuovo Trentino” a don Giulio Viviani, parroco di Mezzocorona e per lunghi anni cerimoniere e liturgista di due pontefici, Wojtyla e Ratzinger, in merito al dibattito sull’organo del Duomo di Trento, giudicato inadeguato dall’organista della Cattedrale, il maestro Stefano Rattini, dimessosi dal suo incarico dopo oltre 40 anni. Le risposte date “a caldo” all’intervistatore da don Viviani vanno però al di là della questione specifica, “organo sì, organo no” e meritano certamente una riflessione approfondita.
La recente “lettera aperta” (anche da me sottoscritta) in cui si chiede che il maestro Rattini ripensi la sua scelta e che i meritori, doverosi e preziosi (costosi) restauri del Duomo vengano completati dal rinnovamento dello strumento attuale (a suo tempo lo stesso mons. Iginio Rogger, non certo sospetto di liturgie tradizionaliste, lo aveva giudicato insufficiente, bisognoso di essere almeno restaurato e potenziato) è stata infatti firmata non solo da musicisti e credenti, ma da cittadini di cultura laica che riconoscono nel Duomo un ruolo che va oltre quello di essere un aula per assemblee liturgiche.

Il Duomo di Trento si radica infatti in una presenza complessiva urbana che è anche ricomposizione di diversità, “così in cielo come in terra”, coralità che si traduce in comunità. Con i restauri si è fatto novanta, merita uno sforzo per arrivare a cento. Del Duomo, cattedrale romano-gotica di risonanza e pastoralità europea, l’organo fa parte integrante, non ne è solo un ornamento sonoro.
È vero, si può pregare anche senza organo. Ma si può anche dire Messa senza cattedrali e chiese. Certe Messe in rifugio di don Onorio Spada, su una tavola di legno, potevano avere più intensità di tanti pontificali.

E però la Cattedrale è un’altra cosa. Non è un tempio, è una costruzione scandita come una partitura, la cui armonia induce una folla a sentirsi comunità. Gropius, il geniale architetto fondatore della Bauhaus, il grande movimento (non certo prigioniero delle tradizioni!) di rinnovamento e innovazione delle arti a Weimar nel primo dopoguerra, non a caso sottolineava come l’architettura stesse al sommo delle arti perché tutte le comprendeva e le riuniva. In questa prospettiva le cattedrali europee vengono tuttora riconosciute ai vertici dell’architettura. Nessun elemento superfluo le appesantisce, nessun orpello. Per il Duomo anche i particolari decorativi (i capitelli, lo splendido rosone della Fortuna…) sono funzionali alla struttura, all’equilibrio statico, allo slancio delle arcate.

Le grandi cattedrali europee, di cui Trento fa parte, sono scansione di spazi e tempi (come le fughe di Bach) ed è per questo che particolare rilevanza, proprio perché “consustanziale” all’architettura, assume l’organo, non semplice strumento musicale di contorno, di accompagnamento al canto, ma complemento degli spazi (dell’aria che i fedeli respirano e che l’organo rende sonora trasformandola in preghiera). Per questo dei restauri in Duomo l’organo è chiamato ad essere suggello. Le sue “cento canne” di registro e tonalità diverse, compongono voci disperse, ne raccolgono i mormorii, i singhiozzi, le suppliche e trasformano anche le aule delle “assemblee” celebrative in armoniosa coralità. Da un confronto rancoroso e fazioso, come sono spesso le nostre assemblee, non solo politiche, passano a una composizione di unità.

Gli altri strumenti , certo, sono tutti legittimi, ma sono un’altra cosa, non raggiungono questo obiettivo, anche perché il loro impiego in chiesa è vittima di un equivoco storico. Si pensava, negli anni conciliari, che le chitarre fossero quelle delle generose band giovanili, dei Beatles, delle antiche e nuove serenate e invece esse si sono poco a poco trasformate in strumenti di rappresentazione mediatica, di rock, hard, metal, rap dalla disinvolta sonorità binaria, duale (“dia-ballo…”) che disunisce facendosi anche portatrice di una interiore violenza, come i palcoscenici dei recenti festival hanno confermato. L’organo invece, negli animi di chi ascolta, trasforma i silenzi degli spazi in preghiera e la bellezza dell’armonia in trascendenza.

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