Don Lorenzo scende ancora dalla cattedra

Non solo nelle scuole trentine intitolate a don Milani – dal Chiese a Telve Valsugana – si rispolvera in questi giorni “Lettera a una professoressa” per i cent’anni della nascita (27 maggio) di don Lorenzo. Più che celebrata, la sua idea di scuola deve essere applicata.

Va compresa, innanzitutto, nella sua intuizione più radicale: la scuola, attraverso una relazione educativa di qualità, deve riuscire a mettere ogni ragazzo nella condizione di coltivare ed esprimere il meglio di sé stesso, per una crescita integrale. Non significa solo abbattere ostacoli o rivedere orari, poiché la reale capacità di inclusione sta nel saper offrire allo studente la possibilità di trovare un ascolto attento e una risposta ai propri desideri di conoscenza e di felicità. Don Lorenzo non voleva solo combattere le ingiustizie: voleva affermare l’istruzione a misura di Gianni ma anche di Pierino come “un atto di giustizia”, che consente a tutti di imparare a essere cittadini.

Che questa convinzione abbia trovato concretezza sul tavolaccio di legno della canonica di Barbiana non è un fatto romantico o naif. La scelta di saper scendere dalla cattedra e farsi vicino ad ogni allievo si è dimostrata con il tempo un’idea generativa in grado di interpellare e poi rivoluzionare l’insegnamento in tante aule italiane, “trasformando” i suoi docenti e i suoi dirigenti.

Uno di loro è certamente il prof. Claudio Stedile (prima docente alle professionali, poi dirigente provinciale e pioniere delle politiche giovanili), che giovedì scorso è stato festeggiato da tanti colleghi, amici ed ex alunni (“sono commosso per tante attestazioni di stima”, ha risposto con la voce della figlia) che lo hanno circondato di affetto, ora che si trova alla prova di una malattia invalidante.

Sospinto proprio dall’esempio di don Milani (gli dedicò un convegno a Trento del 2007), Stedile si fece promotore di iniziative formative per frenare gli abbandoni scolastici e gli squilibri territoriali, per offrire opportunità agli studenti svantaggiati, per collegare scuola, mondo del lavoro e territorio attraverso i Piani di politica giovanile. I principi ispiratori del suo lavoro, richiamati dall’ex assessore e amico Tiziano Salvaterra, sono stati rilanciati giovedì a Palazzo Trentini da due politici di campo opposto (il presidente del Consiglio provinciale Walter Kaswalder e il consigliere Alessandro Olivi), con un plauso trasversale da indicare come esemplare per la prossima campagna elettorale: “Pensare un’altra scuola” (alla don Milani) non è né di destra né di sinistra e confrontarsi sulle scelte di fondo di un’autonomia scolastica di qualità dovrà essere l’impegno di ogni forza politica, degli operatori scolastici e delle famiglie.

Come primo contributo, vista la tendenza della scuola italiana a creare passaggi selettivi e modelli di apprendimento standardizzati, sottolineiamo proprio la relazione educativa “all’altezza degli occhi dell’altro” che consente ad ogni bambino o giovane di sentirsi considerato e sostenuto (sappiamo quanti disagi e quanti solitudini ha favorito il periodo della pandemia).

A questa attenzione alla persona, alle dinamiche relazioni e alla capacità di interagire con gli altri, anche risolvendo tensioni e conflitti, si ispira il “metodo Rondine”, una sperimentazione didattica che partirà in alcuni istituti superiori cittadini e che prende spunto dal “quarto anno” in corso da anni alla Cittadella della Pace di Rondine, il borgo vicino ad Arezzo ancora sostenuto nella sua esperienza di respiro internazionale dalla Provincia autonoma di Trento.

Un’altra esperienza scolastica fondata sulla relazione interpersonale è quella portata avanti dai 50 volontari che a Trento insegnano ogni settimana italiano ai migranti nelle aule della scuola “Penny Wirton” presso il convento dei Cappuccini. Gli immigrati di oggi, con svantaggi simili a quelli degli alunni di don Lorenzo, imparano non solo le parole ma anche la forza delle parole. “La scuola, ogni scuola, deve essere come un ospedale che si prende soprattutto cura di chi è in difficoltà. E lo fa impegnandosi, se necessario, a rivedere i propri schemi, adattando ogni apprendimento anche ai tempi di chi deve apprendere”. Sono parole di Eraldo Affinati, lo scrittore che insieme alla moglie ha fondato la Penny Wirton e che ne ha parlato a Trento giovedì 18 maggio offrendo una toccante riflessione nella festa per Claudio Stedile. Un dono per tutti nell’anniversario del priore di Barbiana.

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