In quel volo di storni c’è tanto di noi

Storni nel cielo foto © Wikipedia

Lo spunto:

“In un volo di storni”, il più recente libro del prof. Giorgio Parisi, Premio Nobel 2021 per la Fisica assegnatogli per la sua ricerca sui “sistemi complessi”, e rimanerne affascinati è un tutt’uno. C’è la sua biografia accademica, ci sono le descrizioni scientifiche: la vita di uno scienziato va però oltre. Non basta la passione, serve un talento curioso, una dote intuitiva e folgorante che il giovanissimo studente universitario dimostrò di possedere allorquando, già a 25 anni, sfiorò il medesimo premio ma per studi in un campo diverso dalla Fisica. Mentre si lavava nella vasca da bagno si soffermò a guardare le piastrelle colorate del muro e fu colto da una intuizione che può scaturire solo da una mente geniale. Non proviamo neanche a descriverla, ogni tentativo sarebbe riduttivo, ma ciò dimostra (e lui lo spiega più volte) come la “lampadina” dell’Eureka possa accendersi all’improvviso, una volta in casa in altre occasioni leggendo, un’altra volta ancora mentre si è al volante dell’auto. Poi occorrono anni di ricerche e applicazioni portate avanti con una grande carica motivazionale, con tenacia, apertura mentale, curiosità, pensiero divergente non disgiunto da un sicuro possesso del metodo scientifico, tra dubbi, intuizioni, prove, tentativi, ripensamenti. Scorrendo le pagine del libro si coglie una vocazione che attraversa la sua vita. Trovo che la sua sia una storia esemplare per i giovani, oggi. Il cammino descritto non era in discesa.

Francesco Provinciali (“9 Colonne”)

 

Vi sono molte buone ragioni perché il libro di Parisi non sia letto solo dagli “addetti ai lavori”, ma diventi una sorta di “libro di formazione” per i giovani alla ricerca di una loro strada. Non solo per il prestigio del Nobel, che in un certo senso ne potrebbe costituire un “mitico” e simbolico punto d’arrivo, ma proprio per la strada seguita, disciplinata ma non codificata, con studio, tenacia e impegno ma al tempo stesso libera, aperta e neppure del tutto misurabile, proprio come i “sistemi complessi” che Giorgio Parisi ha studiato. Una strada che va seguita con allenamenti e disciplina, ma lasciando aperti spazi per l’imprevisto, per far crescere gli stimoli esistenziali, per far sì che le conoscenze nei vari “settori” interagiscano e si “contaminino” l’un l’altra, così che la propria cultura venga completata da curiosità capaci di muovere il cervello più che imbottirlo di nozioni. Il libro è quindi un invito ai giovani ad impegnarsi, ma anche ad avere fiducia in se stessi, a non scoraggiarsi di fronte a difficoltà e fallimenti, ed è un pari invito ai “grandi” perché valorizzino i giovani curiosi e intellettualmente avventurosi, perché si avvalgano non solo delle loro “specializzazioni”, ma delle loro intuizioni.

Vi sono due “passaggi” su Parisi, nel libro, che dovrebbero piacere ai giovani. Il primo è quando si parla di lui e si afferma che “i Fisici non lavorano solo, lavorano divertendosi”, che non significa che si divertono invece di lavorare, ma che ogni lavoro deve contenere una passione esistenziale, personale che lo motiva e lo traina. Non basta il punto d’arrivo, è la strada quotidiana che conta. Il secondo è sullo studio dei “sistemi complessi” (di cui fanno parte i movimenti di animali in gruppo, il volo degli storni nei cieli di Roma, il movimento delle greggi quando fuggono di fronte al lupo per proteggersi, ma anche le organizzazioni sociali, le interconnessioni finanziarie fra attesa di profitti e schemi, o pregiudizi, psicologici), sistemi che per essere studiati e compresi hanno bisogno di una illuminazione che ne sveli il segreto. La “chiave” che lo apre può essere la poesia, o l’istinto, o l’etica… o una metafora… sorta di innesco che mette in moto quella che potrebbe essere definita una sorta di reazione a catena di conoscenza rivelatrice.

Per questo Parisi può scrivere nel suo libro: “il futuro vi sorprenderà”. Che significa innanzitutto “prepararsi a farsi sorprendere” dal futuro, invece di temerlo o subirlo. Per questo occorre però essere consapevoli che il “metodo” è certo un pilastro della scienza, ma che “il lavoro migliore di una vita di ricerca può saltare fuori per caso”, da un fattore imponderabile, da una intuizione, dalla sorpresa di una scoperta non ancora immaginata ma sedimentata nella mente, a portata di mano. Einstein – ricorda Francesco Provinciali nella recensione al libro sugli storni diffusa poi dall’agenzia “9 Colonne” di Paolo Pagliaro – sosteneva che “la fantasia è più importante della conoscenza”.

Parisi aggiunge che “il pensiero verbale deve essere preceduto da un pensiero non verbale”, che può significare anche attribuire un valore etico, civile, all’assioma. Ed è proprio in questo contesto che il Nobel Professor Parisi conclude le sue riflessioni, non dimentica di essere un Fisico, di occuparsi quindi di fenomeni pratici e in un bellissimo passaggio che uomini e donne di cultura e di scienza (ma anche famiglie, amministratori, politici) non dovrebbero mai dimenticare scrive che “bisogna difendere la cultura italiana su tutti i fronti”. La cultura e la scuola italiana, che sanno unire scienza e umanesimo, metodo e fantasia, bellezza e innovazione: ”Se gli italiani perdono la loro cultura, che cosa resta del Paese?”. ”Verrebbe da chiedersi – commenta Francesco Provinciali – perché, a partire dalla scuola, ignoriamo la storia fino ad espungerla dalla maturità, perché importiamo a livello formativo sempre più anglicismi, perché sostituiamo la narrazione con i test a crocetta e inventiamo neologismi che lentamente dissolvono l’importanza della nostra straordinaria cultura tramandata”? Anche questi interrogativi fanno parte della lezione di vita del Nobel Parisi sui sistemi complessi.

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