Un sistema politico in affanno e poco lucido

Lavoro in cantiere con operari edili (Foto Siciliani-Gennari/SIR)

La querelle sul controllo concomitante della Corte dei Conti in materia di PNRR così come quella su una limitazione delle responsabilità della pubblica amministrazione è un esempio di politica politicante piuttosto che una faccenda di razionalizzazione del sistema (versione della destra) o di attacco alla democrazia (versione della sinistra). Il suo significato è lo stato di confusione e di affanno in cui versa il nostro sistema politico.

Il tema va affrontato da due diversi punti di vista. Il primo riguarda l’eterna illusione che un sistema inquisitorio affidato a “magistrati” serva a moralizzare o a far funzionare bene la nostra burocrazia. Non è così, soprattutto perché i controlli di tipo giuridico sono a loro volta burocrazia, specie quelli della Corte dei Conti. L’occhio che andrebbe acceso sulla gestione del PNRR non è quello del giurista, ma quello semmai del manager realizzatore, ma questo implica un tasso di discrezionalità (se si giudica come si deve fare un lavoro non si può non sapere che esistono molti diversi modi) che non si vuole accettare, mentre ci si illude che l’esame delle “leggi” abbia un alto tasso di oggettività.

In più la questione è che il cosiddetto controllo concomitante, cioè l’intervento della magistratura contabile in corso d’opera, si configura come una impropria cogestione: che può mettere al riparo il burocrate dalla contestazione (magari non fondata) di abusi, ma non offre alcuna garanzia che si proceda nel modo giusto nella realizzazione dell’opera. Con questo si renderà meno giudicabile il lavoro dei “tecnici” che hanno ottenuto lo scudo del controllo preventivo. Un bel pasticcio ci permettiamo di dire, come è stato poi osservato da molti autorevoli giuristi. Il secondo punto di vista riguarda il modo con cui il governo ha ritenuto di risolvere la questione. La trovata di inventarsi una norma da infilare in un decreto legge che parla d’altro è infelice: sia perché strumentalizza un meccanismo sul cui corretto uso ha richiamato l’attenzione Mattarella, sia perché impedisce qualsiasi confronto parlamentare ragionevole col ricorso alla questione di fiducia.

Non che l’opposizione abbia dato gran prova di ragionevolezza. Le intemerate sull’Italia che andrebbe verso una democrazia illiberale alla Orban, dove si faciliterebbe il lavoro del malaffare e della mafia, e via elencando ci paiono francamente sceneggiate di una classe politica che ormai più che altro straparla. Si sarebbe potuto vincolare il governo ad affrontare una seria revisione degli strumenti di controllo, denunciare puntualmente i casi in cui uomini della maggioranza hanno fatto strame (in sede nazionale e locale) di qualsiasi rispetto per i giudizi della magistratura, proporre meccanismi di giudizio sull’operato delle pubbliche amministrazioni che fossero non repliche delle famose “grida” di cui parla Manzoni ma percorsi di moralizzazione istituzionale.

Di tutto questo non si è visto nulla, perché sempre più i partiti sono ossessionati dall’appuntamento fra un anno delle elezioni europee quando ciascuno conta di esibire la sua “percentuale” di consenso visto che si vota col sistema proporzionale. Ora conviene spiegare perché questo meccanismo andrebbe valutato con attenzione, mentre su due passaggi intermedi come le elezioni regionali in Molise e in Trentino c’è a livello nazionale assoluto disinteresse.

Il sistema delle europee è quasi infernale, perché è basato su collegi amplissimi. Raccogliere un consenso che coinvolga tutte le aree incluse (nel nostro caso: Trentino-Alto Adige, Friuli, Veneto, Emilia-Romagna) in assenza ormai di partiti che possano davvero pilotarlo a livello territoriale, significa due cose: chiamare a raccolta sotto una bandiera il più “identitaria” possibile e scegliere candidati che di loro abbiano una grande visibilità su tutto il territorio. Detto fuori dai denti, significa affidarsi quasi totalmente alla comunicazione dei media (tv, giornali, social) e come si sa questo favorisce populismi e demagogie più che proposte ragionate. È in questo clima che si farà politica, cercando il governo di portare a casa tutto quel che si può in termini di “compera” del consenso (di qui la gestione complicata delle risorse del PNRR), cercando le opposizioni di montare tutte le polemiche possibili sia per impedirgli di riuscire nell’impresa sia per creare l’atmosfera della grande battaglia contro i barbari al potere. Pessimi contesti per una politica di qualità.

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