Dopo il Cavaliere, che ne sarà di Forza Italia?

Silvio Berlusconi- Foto Ansa/Sir

Già nella moltitudine di riflessioni, commenti e adulazioni che hanno contornato la notizia della scomparsa di Silvio Berlusconi è emersa anche la domanda su che sarà del partito Forza Italia. Non più il perno centrale della politica di centrodestra, ma ancora una componente di qualche peso, soprattutto per due elementi che portava in dote: l’essere nella rappresentazione pubblica la garanzia di una componente “moderata” della destra (più un’immagine che una realtà) e l’essere la presenza italiana nel Partito Popolare Europeo, il che consentiva a Giorgia Meloni una strategia “entrista” nei futuri equilibri della UE (non si dimentichi che si stava parlando di Tajani come possibile successore della von der Leyen, anche se si tratta al momento solo di una fantasia).

Si era detto spesso che FI sarebbe scomparsa con Berlusconi e adesso si vedrà se è vero. Comunque vada non sappiamo quanto tempo ci vorrà. Certamente la conservazione delle posizioni dei suoi uomini nel governo e nel parlamento consiglierà di andarci piano con l’eventuale rompete le righe. Tutti sanno che il partito è sommerso di debiti e che sta in piedi per le corpose fideiussioni concesse da Berlusconi, per cui ci si chiede se gli eredi vorranno andare avanti nel sopportare quel peso. Crediamo dipenda da quel che FI può dare in cambio al sistema economico della famiglia: nessuno è così ingenuo da non sapere che un potentato economico ha bisogno di sponde politiche (è così per tutti, non certo solo per Fininvest, Mondadori e similari).

Il problema è che anche il gruppo Berlusconi potrebbe fare come gli altri: attingere a più pozzi politici, senza sopportare il costo di una esclusiva verso FI, che peraltro dubitiamo esista ancora in forma assoluta. I partiti dell’attuale destra-centro sono pronti a sostenere gli interessi di un impero economico che oggettivamente è un pezzo importante del nostro sistema produttivo la cui eventuale crisi avrebbe ripercussioni negative sul paese. Anche nelle opposizioni ci sono sensibilità per questo aspetto (non si dimentichi in tempi ormai lontani la visita di D’Alema a Mediaset).

Ci si deve chiedere a questo punto cosa implicherebbe una implosione di Forza Italia, evento che non si può escludere perché il partito è un complesso di clan e di tribù che non si vede come potranno essere tenute sotto controllo se al sovrano defunto non si sostituisce un nuovo sovrano, che però non solo non si sa chi possa essere, ma non si conosce attraverso quali procedure potrebbe essere messo sul trono. In queste condizioni di solito la successione reale avviene al termine di lotte di sterminio interne alla vecchia corte: una procedura che non porta a buoni risultati.

Il tempo per consumare i riti della successione non è lungo. Certamente un momento chiave saranno le elezioni europee, da combattere in condizioni difficili perché mancherà il traino del mito fondativo vivente e la scelta di candidati competitivi su collegi vasti e difficili sarà più che problematica in un partito senza una guida autorevole. Prima ci saranno delle scadenze amministrative a cominciare dalle elezioni regionali in Molise e Trentino-Alto Adige e non sono terreni sui quali FI abbia di solito dato grandi prove.

Soprattutto ci sarà il lavoro ai fianchi degli alleati e di qualche altro concorrente. Si parla da tempo di profferte di Salvini per attirare nella Lega parlamentari e quadri di FI, ma è anche vero che non ha molto da offrire. Qualcosa di più potrebbe mettere a disposizione la Meloni, che però non può sacrificare posti di quelli che l’hanno sostenuta finora. Ci sembra insomma che sotto questo aspetto ci sia spazio per cambi di collocazione più per poche figure di rilievo che non per un buon numero di quadri di vertice e intermedi. Il controllo della distribuzione delle prebende pubbliche mette a disposizione qualcosa di aggiuntivo, ma molto è già stato collocato e temiamo rimanga solo qualche briciola.

L’interrogativo più incerto riguarda i riflessi dell’eventuale crisi e/o dissoluzione di FI sul cosiddetto Terzo Polo. Non crediamo ci siano grandi spazi per i quadri dirigenti: lo spostamento già avvenuto di Carfagna e Gelmini non prelude ad ulteriori “posti” in una compagine che al momento è affetta da una lotta interna fra Renzi e Calenda che si riflette sui rispettivi clan. Ci potrà essere invece una attrattività di quella sigla per un elettorato berlusconiano che non vuole appiattirsi sulla destra e che al tempo stesso diffida più che nel passato di una sinistra catturata nelle spire del radicalismo e del movimentismo. Siccome si tratta di una componente che a nostro avviso non inclina a rifugiarsi nell’astensionismo (chi aveva questi sentimenti l’ha già fatto nelle scorse elezioni) è possibile che sia portata a scegliere un’alternativa che può apparire di centro.

Si tratterebbe però di un risultato contingente favorito dalla “irresponsabilità” del voto europeo (una pronuncia percepita come ideologica che incide poco o nulla sulla realtà) che non sappiamo quanto potrà consolidarsi in un quadro politico come quello italiano ancora dominato più dalla confusione delle lingue che dalla concentrazione sui problemi da risolvere.

vitaTrentina

Lascia una recensione

avatar
  Subscribe  
Notificami
vitaTrentina

I nostri eventi

vitaTrentina