Museo storico, vita vissuta. Non solo documenti e memorie

Gallerie di Piedicastello

Lo spunto:

Sono passati cento anni dalla nascita della Società del Museo Trentino del Risorgimento (ora Fondazione Museo Storico del Trentino). Un secolo. Un secolo carico di tragedie immani e di grandi conquiste. Un secolo dove la storia non si è affatto fermata, a giudicare dagli shock contemporanei. E noi, piccolo popolo di confine, al confine dell’impero austroungarico prima e al confine del Regno d’Italia e della Repubblica poi? Anche noi siamo stati immersi in quelle tragedie e in quelle conquiste. Anche noi siamo stati vittime e protagonisti. Anche noi siamo stati percossi da ferite durature, siamo stati talvolta testimoni di miserevoli cedimenti, ma anche capaci di riscatti decisivi. Ebbene, di tutta questa complessità il nostro Museo è stato per lo meno testimone, sempre custode, talora attore. (…) Ciò che mi preme sottolineare è il fatto che il Museo sempre è stato partecipe attivo del suo tempo storico, così come da questo tempo esso stesso è stato fortemente plasmato, come all’indomani del secondo conflitto mondiale, quando all’originaria dizione di “Museo del Risorgimento” è stato aggiunto “e della lotta per la libertà”, per la presa di coscienza di eventi che sarebbero diventati fondativi della nostra convivenza democratica.

 

Il pregio maggiore dell’intervento di Giorgio Postal per il centenario del Museo storico che presiede è di aver rivelato ciò di cui molti trentini ancora non si rendono conto, vale a dire non tanto i traguardi raggiunti, la presenza rafforzata, le innovazioni (le gallerie!) promosse, ma l’interconnessione profonda, per certi versi unica fra Museo storico e Storia “tout court” del Trentino. Questa piccola, ma cruciale terra fra i monti, strategica perché collante di ricomposizione fra mondi diversi, poggia infatti la sua identità (e quindi la sua fisionomia anche politica, la sua vocazione all’autonomia per avere più responsabilità nel fare, non più privilegi nell’avere) su una storia sofferta e vissuta anche da minoranze linguistiche e culturali, non su presunte differenze “etniche”.

È stato così fin dalle origini, fra Reti e Romani, ma soprattutto da quando la predicazione di Vigilio unificò nel cristianesimo la diaspora delle appartenenze legate alle diverse tribù di Roma. Poi vennero il principato vescovile nell’impero e il Concilio, ma è stato l’Ottocento a rivelarsi decisivo, con i fermenti sociali che gli diedero consapevolezza (l’emigrazione, la cooperazione …) e la Grande Guerra, che portò distruzioni immani (a differenza del vicino Tirolo) e l’esodo forzato di metà della popolazione: 75 mila profughi nelle città di legno (spesso lager) di Boemia e Austria, e 35 mila esiliati nelle città italiane. Al termine del conflitto il Trentino era davvero “svuotato”. Ecco allora l’intuizione (la necessità?) di fondare un Museo del Risorgimento non tanto per raccogliere i cimeli di quella stagione, ma per mostrare che con le sue tensioni “nazionali” ed iniziative illuminate (l’opera del podestà Oss Mazzurana, i giornali, la ferrovia della Valsugana verso Venezia, l’impegno sociale della Chiesa…) il Trentino aveva vissuto un vero “risorgimento” e aveva le potenzialità per “ricostruirsi”.

Anche la successiva tappa della storia del Museo – dopo il fascismo, l’Alpenvorland nazista e il secondo conflitto mondiale – con le luminose figure della resistenza (Manci, Pasi, le due ragazze Ora e Veglia… gli ufficiali internati che non aderirono a Salò) l’apertura e costruzione del Museo della Lotta per la Libertà si rivelò determinante e consentì di impostare il tragitto di pacificazione con l’Alto Adige, prima con l’Accordo Degasperi-Gruber, poi favorendo il ritorno degli optanti, infine con l’autonomia. L’accordo sarebbe stato inimmaginabile senza “lotta per la libertà”, tanto che è rimasto un caso unico in Europa. C’è un profondo significato in questo percorso e il Trentino deve esserne consapevole: il museo storico non è solo un contenitore di memorie e di documenti, fa parte, nelle sue tappe di crescita, della storia intera del Trentino.

Le tappe vanno superate, così come la pacificazione e i nuovi rapporti europei hanno portato alla trasformazione del suo nome, da Museo del Risorgimento a Museo storico, ma devono rimanere come impronta di tutto il suo percorso, come momenti di una identità complessa. Non possono essere rimossi o dimenticati. La “terza fase” che si è aperta in questi ultimi anni, con i nuovi venti di guerra che scuotono l’Europa, rilancia infatti il ruolo di pace dell’autonomia trentina e i rapporti interfrontalieri di cui la storia trentina resta esempio. Ma per realizzarsi concretamente questi obiettivi devono poter disporre di mezzi e spazi adeguati. Ed è questo, a ben guardare, il vero significato del centenario, ora che il museo si è, per così dire, “stabilizzato” e consolidato: promuovere un progetto a vasto raggio per valorizzarlo con pienezza, posto che ha tutte le potenzialità per stare almeno alla pari con le due grandi istituzioni museali, Muse e Mart, e riveste un ruolo ancora più determinante in Italia, nelle Alpi, nell’Euregio e in Europa.

Non può rimanere il parente povero. Non è possibile in questa sede approfondire troppo il problema, ma si tratta innanzitutto di trovare una sede appropriata e unificata. è opportuno mantenere la biblioteca al Buonconsiglio e alla Ca’ dei Mercanti con le nuove sale dedicate al Novecento, ma occorrono altri spazi per unificare gli uffici dei ricercatori, ed anche per rilanciare il materiale espositivo e scandirlo in maniera appropriata. Pur escludendo la sede dell’ex Questura, che pare opportunamente destinata ad ospitare il Museo Archeologico e della Preistoria alpina, le soluzioni non mancano se ci si mostrerà capaci di riunire gli sforzi. Via Romagnosi? Un capannone da affidare a qualche geniale architetto perché lo ricicli, lo restauri e lo rilanci? Qualche vecchio palazzo nel centro storico sottoutilizzato? Anche nel nuovo quartiere, sempre più a vocazione universitaria delle Albere, una soluzione potrebbe essere ricercata. Si tratta di avere un piano e di perseguirlo a tappe, con costanza. Ma il Museo storico merita un rilancio che gli consenta di rimanere protagonista della Storia del Trentino.

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