Lo sguardo degli adulti sul cantiere di Lisbona

Alcuni ragazzi partiti per Lisbona per partecipare alla GMG

Come guardare alla GMG stando a Trento? Con l’affetto premuroso di genitori e nonni che seguono i loro ragazzi su Facebook grazie al diario degli inviati di Vita Trentina. Con la preghiera, la migliore sintonia a distanza, come faranno i coetanei sabato 5 agosto collegati in diretta nel prato della Comparsa. Oppure con il distacco degli ipercritici che liquidano i raduni dei Papaboys come rituali trionfalistici e infruttuosi. O, ancora, con la speranza di veder salire dall’“Onu dei giovani” a Lisbona un’ondata di pace che possa fermare i carri armati dell’Est europeo?

L’atteggiamento da consigliare è forse uno solo, quello più richiesto dai giovani stessi: l’ascolto. Che sia aperto, profondo, senza pregiudizi. Che li riconosca nella loro unicità, che non sottovaluti la loro fatica, che valorizzi la loro diversità. I giovani non chiedono di essere blanditi e coccolati, nemmeno di essere accompagnati come fossero sotto scorta fino ai 30 anni, e purtroppo anche dopo. Chiedono a noi adulti di non scherzare come fanno certi compagnoni “ganzi” ma ben presto dimenticati. Ci chiedono di non prenderli in giro, bensì di prenderli sul serio.

Per questo hanno applaudito alla “Festa degli italiani” di Lisbona l’appello di don Luigi Ciotti che, interpretando le loro attese, ha esortato gli adulti ad essere “interlocutori credibili e veri”, che non impartiscono lezioni, non pretendono di vedere i “risultati” previsti e sanno invece accogliere la fragilità anche esistenziale che oggi accomuna tanti giovani. Nello stesso giorno in cui un Rapporto del ministeriale Consiglio Nazionale dei Giovani parlava di “una cappa di ansia che pesa sulla quotidianità del 30% della generazione under 30”, Ciotti ha testimoniato che girando l’Italia vede i giovani “ansiosi, disorientati e carichi di domande”. “Per questo esigono un’attenzione personale, non superficiale, chiedono il diritto di poter essere imperfetti – proseguiva – mentre accusano un sistema che invece esalta soprattutto i vincenti e mette sotto stress i perdenti, chiedendo sempre il massimo della prestazione”.

Sono anche le attese dei giovani trentini. Alcuni di loro, studenti o giovani lavoratori, le hanno espresse nei Gruppi di ascolto promossi a scuola o in parrocchia nell’ambito del Cammino sinodale. È emerso un disagio, una delusione, che interpella anche gli ambienti ecclesiali, tanto più quando usano formalità e linguaggi incomprensibili. Hanno messo nero su bianco la richiesta alle comunità cristiane di non fare iniziative “per i giovani” come fossero una categoria protetta. Piuttosto, di lasciare che siano i giovani a trovare fiducia,a prendersi spazi, a farsi coraggio.
Non sono argomenti solo “da pastorale giovanile” (che oggi va vista come comunitaria, “popolare” dice papa Francesco nella lettera post sinodale Christus vivit), ma di ogni gruppo parrocchiale o del singolo credente che in Trentino vede aperto quest’anno addirittura un Cantiere sinodale dedicato ai giovani. Piace pensare che per dieci giorni questo Cantiere sia mobile, trasportato dai pullman trentini sulle strade assolate del Portogallo. Oltre a cementare amicizie e a consolidare qualche scelta di vita, questo Cantiere trentino aperto a Lisbona può restituire alla nostra Chiesa un’iniezione di concreta fiducia non tanto e non solo nei giovani, ma attraverso i giovani. “Sono qui – ha confessato loro mons. Lauro perché mi sono detto che forse è meglio che vada con i giovani piuttosto che parlare dei giovani”.

Seguiamo in diretta il Cantiere di Lisbona con uno sguardo adulto per individuare insieme ai giovani le travi portanti della scelta cristiana: dal silenzio interiore alla concretezza del servizio, dal pozzo della Parola alla conversione attraverso i poveri, dall’autenticità personale alla forza della comunità. Sono scoperte che non conoscono età.

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