Campagna elettorale, non di guerra

Come ai recenti Mondiali di atletica leggera, qualche “partenza falsa” c’è già stata ai blocchi di partenza verso la gara del 22 ottobre. Per chi sgomita senza rispetto degli altri, usa parole offensive o utilizza metodi disonesti, ci vorrebbe il cartellino giallo: stop!

Altri cartellini gialli li meriterebbero quanti abusano del loro ruolo istituzionale per garantirsi visibilità, quanti non mantengono la parola data pur di salire sul carro prevedibilmente più sicuro. Rispetto ai falli e alle invasioni di campo ci dovrebbe pensare il Corecom trentino (il Comitato per le comunicazioni, poco valorizzato in questi tre anni) a comminare sanzioni che non riguardano soltanto la “par condicio” nei tempi e negli spazi.

Un cartellino rosso, però, vorremmo alzarlo subito, in questo preventivo richiamo alle regole d’ingaggio. Lo rivolgiamo a chi – candidato o segretario di partito, semplice attivista di valle o opinionista schierato – intende utilizzare azioni o anche solo parole che attingono all’attuale, purtroppo lacerante, linguaggio bellico: “nemico” invece che avversario, “controffensiva” invece di replica, addirittura “bomba” invece di sorpresa. No, in questa competizione elettorale del 2023 che si disputa in contemporanea con un conflitto fratricida che infuria a poche centinaia di chilometri dal confine, nessuno può permettersi di “fare la guerra”. Nemmeno per abitudine storica, perché si è sempre usato così.

Prendiamoci tutti questo simbolico impegno, contributo educativo per richiamarci cosa vuol dire nemico e cosa fratello. E riportare alle giuste dimensioni questa pur importante stagione politica: è una campagna elettorale, non una “campagna di Russia”, che ogni giorno raccoglie morti, feriti e tanti orfani. Come nel 1943.

vitaTrentina

Lascia una recensione

avatar
  Subscribe  
Notificami
vitaTrentina

I nostri eventi

vitaTrentina