Chi sono i rider di Trento? Ecco i risultati dell’indagine promossa dal Comune

Il rider “tipo” che opera nel territorio comunale di Trento ha tra i 25 e i 30 anni, è di genere maschile, è diplomato o laureato, svolge questa attività da più di un anno, utilizza come mezzo per effettuare le consegne la bicicletta e spende fino a 30 ore settimanali nella sua attività. A sottolinearlo sono i risultati dell’indagine promossa dall’amministrazione comunale di Trento per conoscere meglio il mondo del “food delivery”, della consegna di cibo a domicilio. Oltre a 44 ciclofattorini, i cosiddetti rider, sono stati interpellati anche i rappresentanti di 75 esercizi pubblici della città di Trento, di cui 23 forniscono il servizio di consegna a domicilio e 52 no.

Metà dei rider che hanno partecipato all’indagine sono italiani, il resto hanno cittadinanza straniera. Tra i rider intervistati si è riscontrata una certa eterogeneità nelle richieste, ma emerge la comune necessità di avere un posto dove poter riparare il proprio mezzo di trasporto in caso di rotture (esempio cambio o sostituzione gomme): circa il 70% dei rispondenti lo ritiene “molto” (il 43%) o “abbastanza” (27%) necessario.

La scelta di intraprendere questo lavoro è motivata soprattutto dal fatto che questo fosse “il modo più immediato per cominciare a lavorare” (30%), “permette di avere un reddito aggiuntivo” (20%) e “permette di avere un reddito” (18%). Circa un terzo degli intervistati (32%) ha dichiarato di guadagnare fino a 500 euro medi mensili, mentre circa il 13% guadagna più di 1000 euro. Tra i rider che usano come mezzo principale la bicicletta, quasi la metà non è conoscenza del fatto che nel territorio comunale sono presenti due colonnine per la ricarica e la riparazione delle biciclette; una parte di quelli che ne sono a conoscenza ha dichiarato di averle utilizzate.

Per quanto riguarda gli esercenti è rilevante sottolineare come il servizio di consegna a domicilio sia un servizio fornito principalmente attraverso le piattaforme digitali; solo una piccolissima fetta degli intervistati ricorre (in parte o esclusivamente) a personale interno. Pur essendoci una generale intenzione a continuare ad appoggiarsi a queste piattaforme e un buon grado di soddisfazione, gli esercenti pubblici sono critici rispetto alle condizioni economiche pattuite: circa il 66% si è espresso “poco” o “per niente” soddisfatto. A tal proposito, quasi il 75% degli intervistati ha dichiarato di pagare dall’11 al 30% in media di commissioni alla piattaforma digitale e che il servizio di consegna ha inciso fino al 10% sull’ultimo fatturato

Andando più nel dettaglio, i motivi principali per cui gli esercenti intervistati hanno deciso di ricorrere alle piattaforme di delivery sono principalmente tre: “offrire un servizio aggiuntivo alla propria clientela” (41% degli intervistati), “fare pubblicità al proprio esercizio” (23%) e “non dover gestire direttamente le persone che effettuano il servizio di consegna” (23%).

Riguardo alla proposta di creare una piattaforma di consegne etiche – progetto già presente in altre città come Bologna e Firenze – gli esercenti si sono espressi per lo più favorevolmente (in totale il 51%), però la loro adesione sarebbe condizionata da diversi fattori, tra cui in primis i costi di gestione (36%); solo il 24% si è detto contrario e la parte restante non sapeva o ha preferito non rispondere.

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