Ma ora anche i candidati devono fare squadra

A dieci giorni dal voto che rinnoverà gli amministratori della nostra Regione, la campagna elettorale è stata improvvisamente svuotata. Il mortifero attacco del 6 ottobre ha aperto una voragine di dolore nella Terra che per noi è Santa, alzando un fumo di incredulo dolore che avvolge anche la nostra quotidianità, tra compassione, nuove ansie e una speranza messa a dura prova.
“Possiamo solo implorare da Dio il dono della pace – come ha osservato il nostro Arcivescovo Lauro in una dichiarazione lapidaria – Una pace che passa necessariamente dal rispetto senza se e senza ma della dignità di ogni bambino, donna e uomo, ovunque essa venga calpestata. Ma la pace rifugge anche ogni semplificazione nella ricerca della verità. E questo è un compito che, nel “bombardamento” mediatico, spetta anche ad ognuno di noi, tutti i giorni”.

Spetta anche ai sette candidati presidente che s’impegnano a raggiungere la meta dell’elezione, qualora essa venga considerata non una consegna a scatola chiusa, ma il riconoscimento popolare di una responsabilità di servizio. Spetta anche ai 34 eletti fra i 795 candidati che durante i loro incontri preelettorali e nei loro messaggi sui social hanno giustamente promesso una rappresentanza impegnata, leale e migliorativa.

Ne diamo conto nel nostro inserto di otto pagine in cui è possibile anche cogliere trasversalmente quali sono le problematiche oggi ritenute più dannose per un benessere che sia veramente generativo (al di là di quanto ci attribuiscono le classifiche che portano sempre Trento e Bolzano nelle posizioni di vertice). E spesso c’è convergenza con quello che le sigle associative (le Acli, in particolare, fra quelle cattoliche) o di categoria hanno manifestato nei loro decaloghi o appelli preelettorali.

Ci preme soltanto richiamare i candidati (quelli che saranno eletti, ma forse anche chi rimarrà in lista d’attesa o accetterà comunque di dare una mano nelle importanti retrovie dei partiti o dei movimenti) ad una dimensione che è insieme disposizione personale ed esigenza collettiva, ovvero la capacità di fare squadra.

Uno non si candida mai da solo, e mai per se stesso. Gli altri lo hanno invitato a candidarsi e questa sorta di chiamata collegiale dovrebbe essere la garanzia che evita protagonismi, fughe solitarie, esibizioni personali. I consiglieri eletti devono rimanere squadra anche dopo l’esito delle urne, dopo il 22 ottobre. Non dovrebbe esserci quel “rompete le righe” che dopo il voto spesso fa implodere alcuni movimenti di impegno politico, che erano sembrati promettenti.

Per restare nella felice metafora dello sport della palla ovale – scelta da Giorgio Romagnoni per la nostra illustrazione di copertina – c’è bisogno che ci siano un buon pacchetto di mischia ed una buona retroguardia per consentire ai giocatori sulle ali di arrivare a deporre la palla oltre la linea di meta. L’esperienza delle ultime legislature ci dice invece – anche se lo dimentichiamo facilmente – che troppo spesso i gruppi politici si spaccano al loro interno, si verificano dopo qualche mese sospetti cambi di casacche o alcuni consiglieri preferiscono fare corsa solitaria, coltivando un rapporto personale con i propri elettori (clienti?).

Altro che “fare squadra”, come invece richiede una corretta dinamica democratica che sappia favorire anche per questo confronti più ordinati e meno dispersivi, rispettosi delle regole con cui i nostri “Padri” dell’Autonomia hanno immaginato i lavori in Consiglio provinciale e regionale. A questo proposito, anche alla luce del travagliato momento storico con due sanguinose guerre ai confini dell’Europa, dovrebbe essere l’intero nuovo Consiglio provinciale a “fare squadra” recuperando uno stile di doverosa collaborazione istituzionale che si è visto troppo poco nell’ultima legislatura (a parte la fase emergenziale della pandemia in cui si sono assunte decisioni quasi sempre condivise) e che mina l’essenza statutaria del Parlamentino provinciale: non si è consiglieri come avversari “l’un contro l’altro schierati”, bensì come legislatori chiamati a operare per il bene di tutti, “mediatori” delle attese raccolte dalle proprie comunità.

Va recuperata in questo senso una maggior operatività delle Commissioni consiliari, un più attento confronto sui suoi bilanci ed un rispetto della dialettica d’aula, dove il rapporto fra maggioranza e opposizione obbedisce più ad uno sterile gioco delle parti (soprattutto se “blindate” dai numeri) che ad una feconda contaminazione di saperi e di contributi.

Forse anche per questo i lavori assembleari hanno registrato in questa legislatura minor attenzione da parte della stampa quotidiana, come se a fare politica potesse bastare un post mattutino, degli appunti videoregistrati sulla propria pagina FB, più che una relazione programmatica o l’illustrazione di una legge complicata. Lo dice anche il fatto che in aula del Consiglio provinciale si è vista anche minor affluenza di pubblico: un segnale preoccupante.

I nostri consiglieri potranno così distinguersi anche per questa loro capacità di guardare a quanto unisce più che a quanto divide, a ricavare stimoli dagli errori del passato, ad uno stile di confronto non bellicoso o antagonista. Di questi tempi, sarebbe già molto: imparare a costruire convivenza nella nostra terra dove è molto più facile che in altre martoriate aree del pianeta.

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