Centro Sociale Bruno, la lettera aperta della società civile: “È luogo di cultura, socialità e accoglienza: una soluzione positiva è possibile”

Foto Facebook Centro Sociale Bruno

Anche diversi esponenti della società civile trentina hanno espresso, attraverso una lettera aperta alle istituzioni, la loro contrarietà alla paventata chiusura del Centro Sociale Bruno di Trento, dopo che Patrimonio del Trentino Spa, società proprietaria dell’immobile, ha deciso di intimare lo sfratto in tribunale.

“Per la terza volta in 5 anni si minaccia di sfratto il Centro Sociale Bruno e per la terza volta in cinque anni torniamo a ripetere che è possibile trovare una soluzione“, si legge nel testo, che vede come primi firmatari Quinto Antonelli, Francesco Filippi, Domenica Primerano, Maria Vittoria Barrella, Walter Nicoletti, Alberto Tomasi, Fabrizio Rasera, Camillo Zadra e Michele Toccoli. “Ci risulta incomprensibile sia la fretta di Patrimonio del Trentino, sia il riferimento al pagamento dell’Imis, tema mai sollevato negli anni passati a fronte dei due passati nostri tentativi pubblici di proporre una soluzione concreta. I problemi politici dovrebbero essere affrontati come tali e non ridotti a questioni amministrative e di ordine pubblico”.

“Il Centro sociale è diventato in questi anni un luogo di cultura e socialità, con la presentazione di libri (non solo di politica, ma anche di economia, storia, letteratura), spettacoli teatrali, dibattiti, approfondimenti teorici (nell’assenza di “scuole di partito”). Gli spazi sono stati utilizzati per l’integrazione dei rifugiati con i corsi di italiano, per l’accoglienza di persone senza tetto, per ospitare altre associazioni come i gruppi d’acquisto solidale e popolare – recita la lettera -. Il fatto che il Centro sociale Bruno faccia riferimento ad una concezione del mondo che, sbrigativamente, chiamiamo di sinistra non può e non deve essere di ostacolo per una amministrazione di diverso colore politico. La vita democratica, per sua stessa natura, prevede una moltiplicazione delle testimonianze (e delle militanze) politiche e ideologiche, una disseminazione di luoghi di socializzazione, mai, in nessun caso, una sottrazione. Tanto che nel caso di chiusura del Bruno, la perdita, l’impoverimento culturale e politico, sarebbe dell’intera società trentina, non solo e non tanto di una sua parte. Pensiamo inoltre che il Centro sociale Bruno interpreti un modello di associazionismo culturale diverso e un modo differente di rapportarsi con l’ente pubblico, ovvero capace di sottrarsi alle costrittive logiche del contributo”.

“Scrivevamo inoltre, a proposito di “abusivi” che l’edificio che oggi ospita il Bruno era stato fino al 2013 uno spazio abbandonato e cadente: dato in comodato d’uso all’associazione Commons, è stato recuperato con il lavoro volontario dei soci. Da questo punto di vista era ed è dunque un esempio virtuoso di come si possa rigenerare il patrimonio urbano inutilizzato e a rischio di degrado per promuovere la partecipazione giovanile (ma non solo). Nel 2019 lo sfratto era legato ad un piano di riqualificazione dell’intera zona rimasto sospeso. Nel 2022 lo sgombero forzato si profila come una prova di forza priva di pratica utilità (stando alle stesse dichiarazioni del vicepresidente Tonina). Ci chiediamo se non ci sia un modo più costruttivo, più civile, più maturo, per ricomporre il conflitto. Un confronto tra il sindaco Ianeselli, Patrimonio del Trentino e il presidente Fugatti, ad esempio, potrebbe portare ad una permuta gratuita di proprietà (come avvenuto con altri stabili della città) o a qualche altro accordo che permetta la sopravvivenza di un Centro, indispensabile antidoto alla disgregazione sociale così preoccupante anche in Trentino”, conclude l’appello.

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