Salari bassi? In Provincia il tavolo c’è, ma non basta

Lunedì mattina in Sala Depero, sotto quegli affreschi che sono quasi dei poster d’autore delle potenzialità economiche della nostra terra, sedevano molti invitati, convocati in una cornice così solenne attorno ad un grande tavolo.
Non erano capi di governo o diplomatici in visita in Trentino. Sedevano i rappresentanti degli imprenditori e dei sindacati trentini per tre ore a confronto con dirigenti e amministratori provinciali attorno alla cosiddetta “emergenza salariale”: pur dentro un quadro occupazionale migliore rispetto al resto del Paese (disoccupazione al 2.9%, contro il 7.3% a livello nazionale), si lamentano infatti da qualche anno in Trentino livelli di retribuzione media più bassi rispetto al Nord Est e al vicino Alto Adige, sia fra operai e impiegati che fra i dirigenti. La tendenza al calo retributivo si può cogliere nei dati – ben leggibili sulle tabelle che accompagnano il comunicato stampa della P.A.T. – secondo i quali ad esempio un addetto del settore manifatturiero riceve da noi mediamente una paga giornaliera di 108 euro contro i 110 euro nel Nord Est e i 121 in Alto Adige.
Ci preme qui evidenziare, anzi “benedire”, il buon metodo che qui viene prima del merito. Sta proprio nell’essersi voluti incontrare finalmente attorno allo stesso tavolo di lavoro. Ben venga pure l’austerità della Sala simbolo dell’autonomia trentina per affrontare una problematica dalle pesanti ricadute sociali (salari bassi non reggono i rincari galoppanti, giovani uomini e giovani donne sottopagati non investiranno nel futuro) che è condivisa da tutti i soggetti ai quattro lati del tavolone. Non a caso i segretari sindacali – a suo tempo delusi per l’inconcludenza degli Stati Generali del lavoro nella scorsa legislatura – parlano ora di “un avvio positivo del confronto”, confidando nella concretezza dei prossimi passaggi legati anche all’”innovazione produttiva”, in grado di attrarre risorse umane con competenze elevate. Lo sanno bene anche gli imprenditori che – pur con qualche riserva sui dati (“non tutti aggiornati”) e con i distinguo che ogni settore merita – concordano sulla criticità “storica” data dalle piccole dimensioni delle piccole aziende trentine e insistono sull’esigenza di approfondire la strategia degli investimenti, sulla quale l’assessore Spinelli e il presidente Fugatti assicurano “ulteriori passi” dopo un “promettente inizio di un confronto”.
Un tempo la chiamavano “concertazione”, celebrata come “utile e feconda”. Oggi merita ribattezzarla come metodo “indispensabile” per lo sviluppo socioeconomico. Per non replicare quelle contrapposizioni che la politica locale stenta a superare (dopo la convergenza di martedì in Consiglio provinciale attorno alla legge sui plateatici ci aspettiamo intese su temi socialmente più dirimenti) e per consentire un arricchimento di tutti i portatori d’interesse.
I sindacati – abbandonata definitivamente la logica sterile del conflitto – offrono spesso anche a livello locale puntuali contributi di analisi e di proposta, così come gli imprenditori sanno di potersi “arricchire” con le ricadute sociali del loro impegno, evidenziate proprio sui tavoli di concertazione.
Spesso chi va alla concertazione teme di perdere, quasi sempre invece ci guadagna. Non solo in conoscenze, come appena detto, ma anche nell’esercizio di relazioni meno conflittuali e più pazienti, nella dolce fatica della programmazione comune.
Da un tavolo di confronto si ritorna anche con la possibilità di spiegare all’interno della propria compagine (politica, sindacale, aziendale) quali sono le “ragioni” degli altri, perché si sono detti e ricevuti certi “sì” e certi “no”, con quale faticosa gradualità si è raggiunto l’obiettivo. è un modo per far crescere il consenso interno (ed esterno) che non significa corporativismo, ma consapevolezza diffusa.
Così gli operatori economici, sindacali e amministrativi presenti al “confronto salariale” di lunedì rappresentano dei “terminali intelligenti” del sistema economico locale, corresponsabili, chiamati a individuare insieme idee e possibili soluzioni, come scriveva ancora nel 2007 il dirigente provinciale Paolo Spagni. La concertazione da sola non basta per rialzare i salari. Ci vorranno strategie, investimenti, volontà privata e pubblica, su basi però “concertate”.

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