Mauro Lando, il cronista maestro di rigore e umanità

Mauro Lando, uomo buono, generoso, leale e sincero, giornalista della verità e del rigore, simbolo nobile del giornalismo trentino, ci ha lasciati sabato 13 aprile. Era nato a Rovereto nel 1946 con la vocazione del giornalismo nel sangue. Dopo la laurea in Sociologia nel 1966 entra nella redazione di Riva del Garda del quotidiano “Alto Adige”, assunto dal cofondatore del giornale, Rolando Boesso. Le brillanti doti di chi sa cogliere al volo la notizia e comprendere con immediatezza l’importanza dei fatti per trasmetterli al lettore con un linguaggio semplice e chiaro suggeriscono all’editore di valorizzare il talento del giovane praticante per un pubblico più vasto. Nel 1970 Mauro Lando assume servizio nella sede di Trento, dove si occupa di cronaca e entra subito in perfetta sintonia con Luigino Mattei, storico responsabile della redazione; gli viene affidato l’incarico di occuparsi dell’attività politico-amministrativa del Comune capoluogo e, in seguito, della Regione. Segue la vita degli enti con una costanza e una meticolosità da “segugio”, nulla sfugge alle sue antenne. La vita del Comune è sulle punta delle sue dita. Penetra le vicende regionali con grande intelligenza nella complessità della tormentata storia di una terra di confine: senza mai venir meno alla verità dei fatti, il giornalismo per lui deve contribuire a favorire buoni rapporti fra i gruppi linguistici italiano e tedesco. Ne ebbi testimonianze particolari – fra le tante – nello scrivere assieme “Volto di una regione di confine” e nel contribuire, con lo storico Enrico Serra, al volume sull’accordo De Gasperi-Gruber.
Il cronista Mauro sa sempre cogliere e gestire con acume anche voci e battute per farne motivo di indagine approfondita. Con l’arrivo di Franco de Battaglia all’”Alto Adige”, si crea fra i due colleghi amici un’eccezionale sinergia: il capo è certo che ogni cosa messa nelle mani di Mauro avrà un esito di valore per il lettore. Quando passa alla responsabilità delle valli, Lando intensifica la coesione con i corrispondenti periferici e dà un importante impulso per far emergere le valli come vero tessuto identitario del Trentino. Nel condurre l’indagine sulla sciagurata operazione dei primi anni Cinquanta che mise centinaia di trentini sulla via dell’emigrazione in Cile, è instancabile tallonatore di politici del tempo che preferivano dimenticare quel fallimento. Storico il suo scoop sul “caso Zanetti”, con la notizia in prima pagina il 24 gennaio 1984 che il Consiglio di Stato aveva annullato le elezioni regionali in Trentino.
Segretario per anni dell’Ordine dei giornalisti del Trentino-Alto Adige, è stato vigile interprete delle norme e stimolo nel valorizzare la professione, per la quale è stato pure prezioso perno come segretario nazionale dell’associazione dei giornalisti pensionati. Autore di libri fondamentali, è stato un uomo di grande umanità, al quale non era possibile non voler bene, generoso produttore di rapporti umani all’insegna dell’amicizia. Lo ha fatto su vari fronti, con i colleghi – è stato anche promotore dell’associazione dei giornalisti pescatori – e con tutti: era un vero gentiluomo. Mauro Lando ci lascia – accanto a sè come grande compagna la moglie Gabriella – preziose testimonianze di vita, e la coerenza con i valori in cui fermamente credeva e che entrano a far parte del miglior patrimonio culturale e identitario del Trentino, di cui egli è stato cittadino orgoglioso e verace.
Paolo Magagnotti

La morte di Mauro Lando, a 77 anni, dopo una lunga sofferenza, lascia un vuoto nel giornalismo trentino di cui era esponente di spicco, ma soprattutto priva Trento di un uomo e di un cittadino buono, che interpretava il lavoro quotidiano in redazione come strumento per fare comunità, per farsi veramente vicino alla gente, ai lettori. Il segreto del suo giornalismo, per cui resta un maestro, non consisteva solo nella sua curiosità vitale o nella sua quasi proverbiale precisione nel raccogliere e presentare le notizie, ma nella consapevolezza che il giornale è un sistema di relazioni, sia all’interno fra chi lo compone che all’esterno in chi lo sfoglia e lo legge. E che la notizia non è uno scoop, ma un tassello di vita che viene a comporre il più ampio mosaico della convivenza. Peraltro Mauro di scoop ne ha fatti anche molti, compreso quello di annunciare la decadenza di tutti i consiglieri provinciali, perché le elezioni erano state annullate. Un terremoto, non solo politico. Ma a Lando non occorrevano le notizie clamorose. Quando tornava dal suo “giro”, meticoloso e preciso, quasi artigianale in Comune, Provincia o Regione ci portava sempre qualche notizia, storie che proiettavano luci nuove su fatti in ombra. Era un grande capocronista, che si metteva in gioco personalmente, con passione, precisione e rigore, ma anche lealtà estrema verso colleghi e collaboratori. Sentiva il giornale come un lavoro collettivo, apporto di diverse identità e sensibilità che dovevano comporsi, non scontro di competenze e rivalità. Di qui la gratitudine vasta, pari alla stima che lo ha sempre circondato.
Si faceva voler bene anche per piccoli dettagli umani, Mauro Lando. Quando raccontava la sua cura per i fiori (le fucsie) fatte crescere assieme alla moglie Gabriella, o diceva della sua raccolta di cartoline, o quando portava in redazione, un palloncino azzurro, il giorno della fiera di San Giuseppe, per legarlo alla macchina da scrivere come un sogno di libertà, o narrava dei suoi viaggi con Alberto e Antonietta Tafner, momenti di condivisione, di ricarica umana fra una pagina dattiloscritta e l’altra. Proprio la sua visione di giornalismo come sistema di relazioni civili di una comunità sta poi all’origine dei suoi libri, fra i quali si distinguono quelli sull’Autonomia, le “interviste” con Ettore Zampiccoli e la Regione di confine con Paolo Magagnotti, sulla storia e le vicende delle strade di Trento (Curcu&Genovese), sugli Alberi maestri nella città di Trento (Edizioni Muse) e il fondamentale “Dizionario dei fatti, dei personaggi, delle storie del Trentino” (Curcu & Genovese, in due volumi, dal 1945 al 2000), un’opera che rimarrà indispensabile per chi dovrà ricostruire gli avvenimenti e il contesto del secolo passato.
Quando nel 1970 venni assunto all’“Alto Adige”, Lando un giorno mi portò in Regione da Magagnotti (“devi conoscerlo”, mi disse) e così mi introdusse nell’avventura di un giornalismo in territori di confine: a Bolzano, in Fassa con tedeschi e ladini, a Vienna e Chicago con i Trentini nel Mondo…
E “dietro” c’era sempre la presenza discreta, ma sicura di Mauro Lando.

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