Accolti sì, ma manca la casa

Il classico lavoro sicuro, con un contratto a tempo indeterminato e un reddito certo mensile, a volte non basta più, quando si cerca casa.

In un mercato immobiliare sempre più complesso, di poca offerta e troppa domanda, per una coppia con figli, magari straniera, è sempre più faticoso trovare anche solo un piccolo appartamento dove vivere, seppure magari un po’ stretti.

Lo conferma la vicenda della famiglia nigeriana in uscita da un percorso di accoglienza con il Centro Astalli di Trento, diventata protagonista, in questi giorni, dell’appello lanciato da Giulia Gaggero, volontaria del Centro, che si sta facendo virale su WhatsApp. “Il papà lavora con un regolare contratto a tempo indeterminato e la mamma svolge un tirocinio in una mensa. Da molti mesi stanno cercando casa a Trento e dintorni, abbiamo fatto più di 50 chiamate e ottenuto non più di 2 incontri con proprietari di casa, che alla fine ci hanno comunque detto di ‘no’. Siamo alla ricerca di un bravo proprietario (che, ovviamente, otterrà tutte le garanzie economiche che servono). Se sapete di qualcuno che affitta un’abitazione, li (ci) fareste davvero felici!”, recita il messaggio.

Nonostante il numero di contatti raggiunti, però, per ora nessuna risposta è pervenuta, ci racconta Gaggero, che da volontaria, da qualche tempo segue persone o nuclei famigliari stranieri, in Italia da rifugiati, nel passaggio verso un’autonomia nella ricerca di un alloggio. “Non siamo agenti immobiliari, ma aiutiamo a capire i prezzi del mercato e le richieste di proprietari o agenzie, i siti dove cercare, i requisiti da guardare”, spiega. “Solo in un secondo momento, eventualmente, aiutiamo anche nel contattare agenzie e privati per prendere un appuntamento”.

Gli ostacoli, però, sono diversi. Il primo è economico, conferma Giulia Gaggero: “Chi affitta richiede almeno due contratti a tempo indeterminato, oppure un reddito pari a tre volte l’affitto della casa. Se pensiamo che, facendo una media degli annunci, i prezzi si aggirano tra gli 800 e i 1000 euro di affitto mensile per un trilocale, sono cifre proibitive”.

Il secondo ostacolo, molto spesso, è anche la tipologia del nucleo famigliare: molti proprietari di casa preferiscono non affittare a famiglie con figli, per non rischiare di avere inquilini che potrebbero creare disturbo ai vicini, o che, nel caso di contratti di natura transitoria, diventano più difficili da sfrattare.

“Purtroppo, a volte, entrano in gioco anche elementi di discriminazione legati alla provenienza dei possibili inquilini – aggiunge la volontaria -. Le agenzie tengono conto dei criteri indicati dai proprietari, e facendo una scrematura degli interessati, gli stranieri sono i primi a finire esclusi”.

Allargando lo sguardo oltre il caso specifico della famiglia in questione, è facile intuire come il problema sia generalizzato. “Attualmente, solo tra le persone in uscita dai nostri percorsi di accoglienza, sono circa una ventina le famiglie nella stessa situazione”, ci dice Stefano Canestrini, presidente del Centro Astalli di Trento: “Ma il tema della casa riguarda tutti, non va ridotto solo alle persone rifugiate”, puntualizza. Secondo Canestrini serve, quindi, un ragionamento che coinvolga tutti, dalle categorie economiche alla politica, a chi lavora nel sociale: “Se c’è bisogno di lavoratori, alla proposta lavorativa deve affiancarsi anche una proposta abitativa, sociale, sanitaria. ‘Ci aspettavamo braccia sono arrivate persone’ si diceva per l’immigrazione italiana all’estero, e deve valere anche oggi per chi arriva in Italia”.

Rivedere le politiche di inclusione potrebbe essere un primo passo, anche per risolvere la questione abitativa: “Concentrare l’accoglienza nelle città scarica su di esse anche tutta la richiesta di abitazioni. Ma pensiamo al grande bisogno di lavoratori che c’è nelle nostre valli, dove risulterebbe più semplice anche avere accesso alla casa rispetto ai centri più grossi, quindi una politica lungimirante dovrebbe avere uno sguardo più ampio, e fare delle scelte vedendo nella migrazione un valore per il territorio”, conclude Canestrini.

Intanto, Giulia e la “sua” famiglia nigeriana continuano la loro ricerca, a cui tutti possono contribuire, scrivendo a sportellocasa@centroastallitrento.it.

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