Vale doppio l’Avvento che si apre il primo dicembre, perché “prepara” anche l’Anno Santo. E “La speranza che non delude”, il tema giubilare, risuonerà su queste pagine dal Ghana, da dove la missionaria Nicoletta Gatti ci invia il suo commento sulle letture domenicali.
Ne ritroviamo l’eco nella scelta imprenditoriale dell’azienda pinetana che dà lavoro a giovani disabili e nei ritratti di umanità migrante di Vincenzo Passerini: davvero è “la speranza che muove il mondo”.
Con uno sguardo carico di speranza ci aiuta a leggere la storia, le sue stagioni e i suoi “avventi” padre Matteo Giuliani, il catecheta stimato in tutt’Italia che ha fatto dono alla nostra Chiesa di una ponderosa ricostruzione della catechesi in Trentino lungo i secoli. Novecento pagine (per la nostra editrice ViTrenD) che comunicano fiducia nella forza rinnovatrice del Vangelo e incoraggiano il lavoro dei suoi allievi, poi catechisti e insegnanti di religione – come hanno testimoniato Beatrice Job e Chiara Gubert – che hanno goduto per 40 anni delle lezioni del mite, affabile e anche ironico docente dal saio francescano.
Come egli ha fatto con la sua certosina ricerca – ipotizzata da laureando, portata avanti in archivi e canoniche e stesa definitivamente nel silenzio della pandemia – padre Matteo ci invita ad avere pazienza: “Ripercorrendo i secoli – ha confidato martedì al “Vigilianum” davanti all’Arcivescovo e allo storico don Severino Vareschi – si coglie come il cristianesimo sia comunque un processo sempre vivo, segnato da cambiamenti che richiedono tempo per assorbire le novità. Esigono pazienza e non escludono fatiche”.
Un altro insegnamento emerge dai rapporti tenuti nel passato dagli ecclesiastici con le istituzioni e i governi: “Ho rilevato che nel corso dei secoli i vari poteri hanno sfruttato la proposta religiosa per i loro fini – ha sintetizzato padre Giuliani – e l’abuso politico della religione in modo palese o nascosto ha riguardato e può riguardare tutte le epoche: bisogna guardarsene! La Chiesa deve muoversi liberamente nel dire la fede e proporre l’esperienza cristiana”.
Stimolante, in chiave autonomista ed europeista, la costante contaminazione con i mondi vicini: “Da questo studio ho imparato che la catechesi a Trento ha fatto anche scelte proprie ed ha saputo nutrirsi di fonti, di impulsi e di voci diverse che ci rimandano all’Europa, superando confini, non rimanendo ancorati al proprio ristrettissimo orizzonte. Non c’era paura di allargare lo sguardo come dimostra l’accoglienza di innovativi catechismi dell’area francese”.
Nella conclusione Giuliani stronca come tramontato il sistema delle istituzioni educative del post Concilio di Trento. “Non ha più spazio, non regge al compito di oggi, dell’annuncio del Vangelo liberante, che costruisce il discepolo battezzato missionario. Però se il sistema non regge più, lo studio storico consegna delle perle preziose, come il Bellesini e tanti narratori. Soprattutto ci fa apprezzare tante persone capaci, entusiaste, volonterose, appassionate e disponibili – conclude padre Matteo – in ogni epoca”. Tanto più oggi, quindi, c’è speranza.
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