Abusi: dalla Diocesi di Bolzano-Bressanone nuovi meccanismi di controllo, supporto e prevenzione

È finita anche sulla stampa nazionale la prima indagine indipendente italiana sugli abusi sessuali, commissionata dalla Diocesi di Bolzano-Bressanone allo studio legale Westpfahl Spilker Wastl di Monaco di Baviera. Il rapporto, presentato lunedì 20 gennaio, ha fatto emergere 67 casi di abuso che si sono verificati nella Diocesi altoatesina tra il 1964 e il 2023.

Quarantuno gli esponenti del clero coinvolti, la maggior parte dei quali (29%) aveva tra i 28 ei 35 anni e tra i 36 e i 45 anni (24%) quando si sono verificati gli abusi. Cinquantanove le persone offese (a cui se ne aggiungono altre 16 per le quali non è stato possibile dimostrare l’abuso), la maggior parte delle quali aveva tra gli 8 ei 14 anni all’epoca dei fatti. Nel 59% dei casi si tratta di donne; un dato che gli esperti che hanno curato lo studio hanno definito “sorprendente”. Dal rapporto risulta che tre vittime – tutte e tre uomini – si sono tolte la vita alcuni decenni dopo gli abusi. Per gli esperti, gli abusi presentati dall’indagine non rappresentano casi solati, e andrebbe calcolato “un alto numero di casi sommersi”.

Con riferimento ai risultati della perizia, il vescovo Ivo Muser ha sottolineato che la trasparenza, l’onestà e il coraggio di dire la verità sono essenziali per ridare fiducia e credibilità alla Chiesa. “So che non volete sentire da parte mia parole retoriche di costernazione. A ragione. Tuttavia, permettetemi di dire che mi hanno profondamente commosso in particolare le descrizioni dei casi e il dolore personale che emerge così chiaramente dalla relazione”, ha detto Muser. Il vescovo ha rimarcato di assumersi personalmente la responsabilità per le omissioni durante il suo periodo di episcopato, tra cui l’insufficiente controllo dei sacerdoti sospetti, la riluttanza nell’adottare chiare misure preventive nei confronti dei sacerdoti accusati e la documentazione carente nel delineare i passi nella gestione dei casi di abuso.

Tra le prossime misure concrete, monsignor Muser ha citato procedure più chiare (un gruppo di esperti svilupperà linee guida vincolanti per la gestione dei casi di abuso, che saranno attuate entro la fine del 2025), l’ottimizzazione dei servizi (i compiti e le responsabilità del Centro di ascolto, del Servizio di intervento e del Servizio di prevenzione saranno riesaminati e migliorati e verrà istituito un team di intervento per preparare le decisioni in modo professionale), un rafforzamento delle donne in posizioni dirigenziali: e un impegno nella cultura dell’errore (riconoscere gli errori e imparare da essi, anche con l’aiuto di seminari di formazione). Riguardo al perseguimento coerente dei casi sospetti, il vescovo ha annunciato misure di monitoraggio e controllo per prevenire reiterazioni: “Per quanto riguarda i sacerdoti accusati e ancora in vita, verrà istituito un gruppo interdisciplinare che da subito esaminerà tutti i casi e, se necessario, proporrà a me le misure per i passi successivi. Si mira a non sottoporre a sorveglianza soltanto le persone condannate, ma anche coloro per i quali, per motivi preventivi, sono necessarie restrizioni del campo di azione.”

Il vescovo ha ricordato che gli abusi non sono limitati alla Chiesa, “tuttavia essa, in considerazione del suo ruolo morale, è chiamata a intervenire in modo rigoroso. E così faremo” e ha rivolto un invito alle persone colpite: “Condividete le vostre storie con noi. Le vostre conoscenze, le vostre esperienze e le vostre prospettive sono di inestimabile valore per il processo di revisione degli abusi. E vi ringrazio già oggi per questo.”

Il vicario generale Eugen Runggaldier ha sottolineato che i casi di abuso nella Chiesa si basano su deficit sistemici come la sessualità immatura, l’isolamento dei sacerdoti, le strutture clericali, la mancanza di una cultura dell’errore. Questi ambiti vengono ora affrontati in modo specifico per eliminare le cause strutturali. Inoltre, il Centro di ascolto, il Servizio di intervento e il Servizio di prevenzione saranno più chiaramente separati e rafforzati.

Sarà rielaborato il quadro di regolamenti diocesani per affrontare i casi di abuso e la gestione dei fascicoli migliorata per garantire trasparenza e tracciabilità. In futuro, un catalogo vincolante di misure stabilirà chiare conseguenze in caso di accuse di abuso, mentre un nuovo sistema di monitoraggio garantirà il rispetto delle sanzioni e l’efficacia delle misure preventive. Infine, verrà posta particolare attenzione alla formazione e all’accompagnamento del personale. “L’elaborazione dei casi di abuso è soggetta a continue valutazioni e riflessioni. Cambiamenti sostenibili possono essere raggiunti solo attraverso continui adeguamenti”, ha ricordato il vicario.

Gottfried Ugolini, responsabile del progetto “Coraggio di guardare”, ha presentato l’avvio della seconda fase del progetto. Il gruppo direttivo discuterà le raccomandazioni della perizia e proporrà misure in 4 ambiti: pastorale, formazione, Caritas e amministrazione.

Il Centro di ascolto resta un punto di contatto centrale per le persone colpite. Per le parrocchie e i gruppi in cui sono emersi casi di abuso, è disponibile da subito anche un team di supporto per creare spazi di dialogo e per elaborare le dinamiche dell’abuso. Ugolini ha sottolineato la necessità di un cambiamento di mentalità: “Guardare, ascoltare e agire deve diventare la norma”. Le istituzioni ecclesiali vengono sensibilizzate a introdurre regole chiare nel rapportarsi con i bambini. Viene fornito materiale informativo.

I siti web www.bz-bx.net/it/abuso e www.bz-bx.net/it/perizia vengono regolarmente aggiornati su tutti passi e i provvedimenti adottati dalla diocesi, e contengono anche un elenco dei riferimenti ecclesiali ma anche quelli indipendenti.

 

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