La leggina trentina sul terzo mandato fa litigare il governo

La prima pagina del quotidiano La Stampa di martedì 20 maggio

Sul fronte internazionale la situazione è forse in evoluzione. Nella guerra in Ucraina dovremo vedere se le furberie di Putin nella telefonata con Trump preludono a costruire una via d’uscita o sono l’ennesima tattica dilatoria per logorare le controparti. Se la vicenda prenderà l’una o l’altra strada metterà l’Italia nella necessità di prendere una posizione meno attendista scegliendo quale ruolo serio vuole giocare in Europa.

Idem sulla questione di Gaza che è arrivata ad un estremo non più sostenibile: non si può far morire di fame e stenti un’intera popolazione perché ha accettato, non si sa quanto di buon grado, la dittatura dei terroristi di Hamas e soci. In questo caso la necessità per il nostro paese di trovare una politica in qualche modo incisiva è ancor più importante date le nostre ambizioni in materia di presenza “africana”.

Tutto ciò si inserisce in un quadro domestico poco consapevole del contesto internazionale (ridurlo alle formulette ideologiche in corso è davvero poco serio) e concentrato invece su una lotta per l’egemonia politica interna, il che significa dimensionarlo a livello di beghe domestiche. Le opposizioni, che continuano a non trovare una leadership unitaria, guardano con trepida attesa ai contrasti interni alla maggioranza nella speranza che si arrivi alla rottura della coalizione con una conseguente crisi di governo. In verità ci pare una prospettiva con scarse possibilità di realizzarsi, perché anche nel caso di elezioni anticipate scatterebbe la costrizione all’alleanza di tutto il destra-centro, il quale non ha altra possibilità per vincere nelle urne e conservare il governo. Tuttavia la tornata di elezioni regionali in autunno potrebbe indurre ulteriori tensioni e favorire un qualche successo delle opposizioni. Poi si vedrà.

Come tutti sanno la questione cruciale è la posizione della Lega che con Salvini non cessa dall’essere molto più che una spina nel fianco del governo, fino a metterlo in difficoltà nella sua politica internazionale: una spiegazione delle pulsioni delle leadership di Francia, Gran Bretagna e anche Germania a negare spazio a Meloni (per metterla in termini gentili) è la presenza nel suo esecutivo di una forza antieuropea, filo-Putin e connessa con gli estremismi populisti e anche di estrema destra che sono attivi in quei paesi.

Ora la spaccatura nel governo è arrivata per la classica buccia di banana: la trovata della Lega trentina di far passare una leggina che prevede la possibilità del terzo mandato per il governatore Fugatti. Si è trattato del tipico colpetto di mano che arriva da politici scarsi quanto a formazione giuridica e istituzionale: una prova di forza con maggioranza risicata per introdurre una norma la cui inconsistenza costituzionale sarebbe stata evidente a chiunque avesse un qualche contatto con giuristi con qualche competenza e senza vassallaggi impropri.

La recente pronuncia della Corte Costituzionale sulla legge per il terzo mandato in Campania contiene già tra le righe le ragioni che la rendono applicabile, in seconda istanza, anche alle regioni a statuto speciale: innanzitutto perché fa menzione della incostituzionalità della legge sarda (regione a statuto speciale) che prevedeva il terzo mandato per i sindaci, ma in subordine perché stabilisce che contro la manipolazione dei diritti di accesso all’elettorato passivo sia possibile ricorrere al suo giudizio anche “in via incidentale”, il che significa più o meno da parte di ogni cittadino.

Per il governo era impossibile non impugnare la leggina trentina: se si fosse astenuto, avrebbe dato spazio ai ricorsi incidentali davanti alla Consulta facendo una pessima figura (e siccome il sottosegretario Mantovano è un giurista che sa il suo mestiere ha spiegato la faccenda al Consiglio dei Ministri).

Non stiamo per ora a discutere sul fatto se e come tutta questa storia si rifletterà sulla distribuzione delle candidature per i presidenti delle regioni del Nord (e magari anche di altre) che vanno prossimamente alle urne. Ci limitiamo a notare che una volta di più a creare problemi all’azione internazionale della premier sono i vari eccessi di furberia e piaggeria delle articolazioni locali dei partiti: non è problema solo della Lega, ma certo quest’ultima, davanti ad iniziative come la concessione del teatro locale alla più che estrema destra da parte del sindaco leghista di Gallarate, farebbe meglio a disciplinare i suoi entusiasti.

Tutte cose che certo non aiutano la complicata navigazione di Giorgia Meloni nelle acque della politica europea ed internazionale in un momento cruciale come questo.

vitaTrentina

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