«Avrete forza dallo Spirito Santo e mi sarete testimoni…fino agli estremi confini della terra»

Domenica 1 giugno: Ascensione del Signore – C

Letture: At 1,1-11; Sal 46; Eb 9,24-28; 10,19-23; Lc 24,46-53

«Avrete forza dallo Spirito Santo e mi sarete testimoni…fino agli estremi confini della terra» (At 1,8)

L’ascensione è una festa strana dove nostalgia ed esultanza si mescolano. È una conclusione ed un inizio: termina la sequela fisica di Gesù ed inizia la nostra storia, la storia della chiesa. È il tempo della maturità e della responsabilità. Gesù non cammina più con i discepoli; non indica dove, come, quando… Promette soltanto la presenza dello Spirito (At 1,11). La festa che celebriamo è dunque la festa della “vita adulta”: Dio si fida di noi e si affida a noi perché il Vangelo raggiunga gli estremi confini della terra ed ogni persona sia immersa nell’annuncio che salva.

Per capire questo, voglio soffermi con voi sulla prima lettura che presenta l’inizio del secondo libro di Luca, gli Atti degli Apostoli. Ritroviamo Teofilo (Lc 1,1; At 1,1), un misterioso personaggio a cui entrambi i libri sono dedicati. Gli studiosi discutono se sia un personaggio reale o “aperto” dato che il nome significa amico di Dio. Personalmente ritengo che Teofilo sia ognuno di noi, nel nostro desiderio di essere discepoli.

Se il primo racconto, il Vangelo, contiene la storia di Gesù, il secondo presenta la nascita e la vita del suo corpo, la chiesa. È la storia di donne e uomini consacrati nello Spirito ed inviati nel mondo ad essere Gesù. Come Lui guariscono i malati (4,1-8), risuscitano i morti (9,36-41), sono perseguitati (5,17-18) e muoiono perdonando (7,60). At 1,1-11 costituisce dunque un momento di passaggio tra il vivere con Gesù e l’essere Gesù. Occorre infatti che la presenza fisica del Crocifisso-Risorto si concluda, perché la comunità giunga a maturità.

Il racconto inizia ricordando l’insegnamento del Cristo, sottolineando il suo centro incandescente: il regno di Dio. Gli undici non sono inviati, però, soltanto a proclamarne l’avvento, ma ad immergere nell’esperienza del regno. Incontrare Gesù, camminare e mangiare con Lui, ascoltare la sua voce e condividere la sua storia ha creato una comunione di vita in cui ogni generazione potrà sperimentare il Risorto, potrà toccarlo, sentirlo, annunciarlo (1Gv 1,1-4). Perché ciò accada, Gesù offre il dono più grande, lo Spirito Santo. Gli apostoli e la comunità delle origini appaiono travolti dalla forza dello Spirito e sospinti da un’onda inarrestabile che da Gerusalemme, li condurrà a Roma, centro del mondo allora conosciuto (At 1,8).

Il compito non è facile. Proclamare il vangelo significa, infatti, vivere una fedeltà radicale alla Parola e alla gente a cui si è inviati. Per questo i discepoli non possono fermarsi a contemplare il cielo e piangere l’assenza del loro Maestro (1,11); al contrario devono porsi in movimento, portare il vangelo fino ai confini del mondo, nelle periferie di ogni società e di ogni cultura.

L’ascensione del Signore apre, dunque, il tempo di una chiesa adulta perché in “uscita”. La comunità credente muore quando si richiude in sé stessa perché la chiesa è nata dalla missione ed esiste per la missione. Ogni chiusura nei propri confini culturali o etnici, nei propri privilegi, persino nella ricerca della propria salvezza è una condanna a morte per asfissia. In questo continuo andare, la comunità dei discepoli non comunica, tuttavia, soltanto un passato sacro — la vita, morte, risurrezione del Signore — ma un presente che è reso sacro dalla Sua continua presenza tra noi (Mt 18,20).

Chiediamoci: sono un discepolo adulto? Annuncio ostinatamente un vangelo di risurrezione, in mezzo a situazioni di ingiustizia e morte che soffocano la speranza e distruggono la persona?

vitaTrentina

Got Something To Say?

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *


Il periodo di verifica reCAPTCHA è scaduto. Ricaricare la pagina.

vitaTrentina