“Un altro modo di vedere e raccontare la realtà è possibile, ed è altrettanto interessante”. Parola del giornalista Gerolamo Fazzini, ideatore, assieme a Francesco Antonioli, della mostra “Comunicare la speranza: un’altra informazione è possibile”, inaugurata giovedì 29 maggio al Polo culturale “Vigilianum” di Trento e promossa dalla Società San Paolo e dalle Figlie di San Paolo con il patrocinio del Dicastero per l’Evangelizzazione e del Dicastero per la Comunicazione. L’esposizione, che sarà visitabile fino a mercoledì 4 giugno, racconta “un altro modo di fare giornalismo” e le vite di alcune figure significative, come quelle di Walter Tobagi, Ilaria Alpi, Anna Politkovskaja e Daphne Caruana Galizia.
“La realtà va raccontata tutta. Parlare solo del male non risponde al dovere del giornalista, che deve raccontare tutta la storia”, ha spiegato Fazzini in occasione dell’inaugurazione dell’incontro, a cui hanno partecipato anche gli studenti del corso di giornalismo dell’Istituto Arcivescovile di Trento, curato dalla docente Giuseppina Coali. “Un racconto che insiste troppo sul male – ha aggiunto Fazzini – produce un rigetto da parte del pubblico: a dirlo sono centri di ricerca molto autorevoli come il Reuters Institute”.
Non a caso un pannello della mostra è dedicato alla giornalista del “The New York Times” (e Premio Pulitzer) Tina Rosenberg. “Una decina di anni fa Rosenberg ha deciso che voleva raccontare che cosa non funziona nella nostra società, dando però anche spazio a chi si fa carico dei problemi e prova a trovare delle risposte creative”. Esistono molti altri esempi del cosiddetto “giornalismo costruttivo” nel mondo: in Francia c’è un collettivo che si chiama “Reporters d’espoir”, “giornalisti della speranza”, mentre il quotidiano “Avvenire” pubblica ogni quindici giorni un inserto dedicato all’economia civile e alle realtà del terzo settore.
All’inaugurazione della mostra erano presenti anche il presidente dell’Ucsi (Unione Cattolica Stampa Italiana) Vincenzo Varagona e l’arcivescovo di Trento Lauro Tisi.
“Non basta più il giornalismo delle buone notizie. Bisogna andare oltre, verso un giornalismo che affronti i problemi e studi le soluzioni. Invito gli insegnanti a proporre nelle scuole il giornalismo costruttivo”, ha detto Varagona, che ha ricordato le parole di Enzo Biagi, il quale “diceva che l’informazione è come l’acqua corrente”.
L’arcivescovo di Trento ha ricordato invece le parole del cardinal Gianfranco Ravasi, intervenuto in apertura del Festival dell’Economia di Trento. “Ravasi ha parlato di bulimia dei mezzi e di anoressia dei fini. Purtroppo questa enfasi sull’elemento tecnico, operativo ed economico, individuato come fonte della felicità, è un terribile inganno che ti toglie quel desiderio d’incontro che è invece la vera spinta dell’umano”, ha ricordato don Lauro. “Pensando all’umanità di oggi, così violenta, aggressiva e arrabbiata, quello che secondo me deve fare l’informazione è togliere la distrazione di massa e riportare l’uomo sul terreno per cui è immaginato. Che è quello dell’incontro e della fraternità, per citare papa Francesco. A me preoccupa che in questo momento l’informazione stia sdoganando il linguaggio bellico e violento, raccontando che la soluzione dei problemi verrà ancora da guerre, armi e violenza”.