Festa di Maria Ausiliatrice, don Lauro: “Niente può sostituire l’incanto dell’incontro”

Martedì 5 agosto Rovereto ha celebrato la festa di Maria Ausiliatrice, patrona della città. Due i momenti principali, entrambi guidati dall’arcivescovo Lauro Tisi: la Messa del mattino nella chiesa di San Marco e, nel tardo pomeriggio, la processione con il rinnovo del Voto alla Madonna, il dono del cero votivo da parte della sindaca Robol, seguito dalla cena comunitaria.

Durante la Messa, monsignor Tisi ha richiamato le parole di papa Leone pronunciate a Tor Vergata davanti a un milione di giovani: “La fragilità è parte della meraviglia che siamo”. Un’immagine potente quella usata dal Papa: un prato in fiore, dove anche gli steli appassiti nutrono i nuovi germogli. Per Tisi, è proprio questo il senso profondo della meraviglia: “Una vita abitata e rinnovata dal dono. Dove manca il dono, finisce la vita”.

In un mondo che esalta forza e invulnerabilità, Tisi ha ricordato come le parole del Papa rappresentino una vera provocazione evangelica: “Balsamo versato sulle ferite”, ha detto, “e rivelazione dell’incredibile forza che proviene dal Vangelo”.

Rifacendosi alle parole di San Paolo ai Romani – “Siamo tribolati, ma non schiacciati; sconvolti, ma non disperati” – l’Arcivescovo ha richiamato i drammi contemporanei: Gaza, Kiev, Sudan, Myanmar. Eppure, anche nel dolore, resiste qualcosa di più forte: l’umanità. Quel “resto silenzioso” che non si arrende, che continua a generare gesti gratuiti e concreti, giorno dopo giorno.

“Non c’è tecnica, per quanto avanzata, che possa sostituire l’incanto dell’incontro tra esseri umani”, ha affermato Tisi. Ha sottolineato come il pensiero cristiano abbia saputo parlare di libertà e responsabilità in modo sorprendentemente attuale. Ma oggi, ha osservato con preoccupazione, viviamo un paradosso: chiediamo la fine della violenza, ma ci chiudiamo nella diffidenza, evitiamo l’incontro, lasciamo spazio alla solitudine.

In questo contesto, la festa della Madonna Ausiliatrice non è solo un rito, ma una sfida concreta: ritrovare il “noi”, il senso di comunità. Solo così si può costruire la pace vera, giorno dopo giorno, attraverso la fiducia reciproca, l’ascolto e la scelta di non voltarsi dall’altra parte.

Tisi ha poi denunciato il declino del pensiero della fraternità, ponendo domande provocatorie: “Che fine hanno fatto i diritti umani? Il sogno di una comunità internazionale democratica e plurale? I percorsi di non violenza? I trattati per la non proliferazione delle armi?”. Secondo l’Arcivescovo, oggi sembra quasi scomodo parlarne, come se la fraternità fosse diventata un concetto fuori moda.

Nonostante tutto, la speranza non è svanita. Vive nei gesti semplici e concreti: figli e nipoti che si prendono cura degli anziani; insegnanti che affrontano il disagio dei ragazzi; volontari che si dedicano agli ultimi, anche a Rovereto “È da qui che può ripartire la pace”, ha concluso Tisi. “Da una gratuità che non fa rumore, ma cambia il mondo”.

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