«Quando offri un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi»

31 agosto: Domenica XXII – Tempo Ordinario C

Letture: Sir 3,19-21. 30-31; Sal 67; Eb 12,18-19. 22-24a; Lc 14,1. 7-14

«..quando offri un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; e sarai beato perché non hanno da ricambiarti» (Lc 14,13-14).

 

Luca ama presentare Gesù seduto a tavola con persone diverse: farisei e pubblicani (5,29-30), discepole (10,38-42) e discepoli (22,14). Oggi lo accompagniamo nella casa di un fariseo (v. 1) dove, dopo aver guarito un malato di idropisia (vv. 2-6), si ferma ad osservare il comportamento degli invitati. Nota la “corsa” ai primi posti e reagisce raccontando una parabola in cui contrappone due situazioni. Nella prima, un invitato arrivato tra i primi occupa un posto di riguardo. Quando altri socialmente più ragguardevoli giungono, il padrone di casa è costretto a chiedergli di cedere il proprio posto. Il risultato finale è un lento retrocedere scandito dalla vergogna verso l’ultimo posto, dato che tutti gli altri sono stati nel frattempo occupati. Nella seconda, un invitato, essendosi seduto all’ultimo posto, è onorato pubblicamente quando il padrone di casa lo invita ad avanzare verso i primi posti.

Non penso che la parabola sia un invito alla cauta diplomazia. Piuttosto, Gesù chiede di vivere nella verità: l’appello è all’auto-valutazione, alla conoscenza onesta di se stessi e del proprio posto nella vita.

Il v. 11 conclude la parabola con un detto proverbiale ben radicato nella tradizione ebraica: «chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato» (cf. 22,26; 18,14). Ma che cosa vuol dire “umiliarsi”? Gesù sviluppa questo concetto rivolgendosi direttamente al padrone di casa per chiedergli di rivalutare i suoi criteri di ospitalità: occorre smettere di invitare amici e coloro che appartengono alla propria sfera socioeconomica per aprire le proprie case alle persone marginalizzate, coloro che la società etichetta come “ultimi”, “non desiderati”.

Le parole di Gesù sono talmente estranee alla logica ed alla consuetudine umana da risultare assurde. Non è normale, infatti, invitare le persone che amiamo, quelle che sono più vicine a noi?  Non è comune utilizzare le feste per stringere legami utili alla carriera? La risposta di Gesù è sconcertante: la ricerca del contraccambio uccide l’amore! E se è naturale amare coloro che ci amano, come discepoli siamo chiamati ad abbracciare una logica diversa (6,32-35) quella dell’amore totalmente gratuito e perciò spalancato a tutti.

Possiamo ancora notare che l’elenco degli invitati include tre categorie ― zoppi, storpi, ciechi ― tradizionalmente esclusi dal culto (Lev 21,16-18). In modo molto sottile, Luca sembra sfidare l’idea stessa di Dio presente nella cultura del suo tempo. Dio non esclude nessuno perché in Lui non esistono “categorie” di persone: tutti sono creati a sua immagine e somiglianza; tutti sono figli nel Figlio. Ogni divisione e barriera nasce dalla società non da Dio. Con questa affermazione Luca offre un sano antidoto ad ogni forma di campanilismo, xenofobia, razzismo e grettezza intellettuale che minano la comunità dei discepoli di ogni tempo e stanno purtroppo infettando anche le nostre comunità ecclesiali.

La beatitudine finale sancisce questo sovvertimento di prospettiva. Gesù considera la legge della reciprocità non conciliabile con la logica del regno: sei beato perché non hanno da ricambiati. Con questo spinge il fariseo, e noi con lui, ad uscire dalla logica del baratto, per vivere nella libertà del regno: la ricompensa, infatti, appartiene soltanto a Dio.

Chiediamoci: come uscire dalla logica del baratto che avvelena i nostri rapporti?

vitaTrentina

Got Something To Say?

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *


Il periodo di verifica reCAPTCHA è scaduto. Ricaricare la pagina.

vitaTrentina