Flavio Faganello. Fotografie in cammino: l’8 settembre la chiusura della mostra

Si chiuderà lunedì 8 settembre la mostra allestita al Museo Diocesano Tridentino in occasione del ventesimo anniversario della scomparsa del fotografo trentino Flavio Faganello. Alle 17.30 è previsto un appuntamento moderato dalle curatrici dell’esposizione, Katia Malatesta e Marlene Huber, in cui interverranno il fotografo Gianni Zotta, che “a bottega” da Faganello ha mosso i suoi primi passi nella professione, Augusto Golin, giornalista, uomo di montagna e di cultura che con Faganello ha firmato il reportage “Gli eredi della solitudine: un ritorno (1973-2003)”, e Chiara Turrini, che dall’esperienza diretta dell’opera del grande fotografo trentino ha tratto ispirazione per il recital “Le donne nelle stagioni di montagna”, presentato nell’ambito del 73esimo Trento Film Festival.

Per l’occasione, si potrà visitare la mostra gratuitamente dalle 16.30 in poi. Il percorso è ricco di oltre cento fotografie, frutto di uno sguardo radicato nella relazione profonda con il Trentino-Alto Adige: un legame empatico, di conoscenza e di fedeltà, cresciuto nel tempo lento del cammino come pratica meditativa, di ascolto e resistenza alle aggressive trasformazioni ambientali e antropologiche che investirono il territorio regionale nel secondo Novecento.

L’esposizione sarà riproposta al Palazzo Mercantile di Bolzano dal 4 al 31 ottobre 2025, in concomitanza con la tappa altoatesina autunnale del Trento Film Festival.

“Ho conosciuto Faganello nel 1964, quando lavorava al Gazzettino di Venezia, in piazza Cesare Battisti, a Trento. Era una delle sedici redazioni del Gazzettino a quei tempi”, ha ricordato Gianni Zotta in un’intervista realizzata per il progetto “Flavio Faganello. Fotografie in cammino”. “Gli serviva un garzone di bottega. E ai miei tempi, durante il periodo scolastico era scontato che si dovesse andare a lavorare nella bottega di un artigiano, di un barbiere, di un carrozziere o di qualcun altro. Allora, dopo aver saputo che cercava aiuto da un amico, mi sono presentato da lui. La simpatia è stata immediata. La prima cosa che mi è chiesto è stata: ‘Sai cos’è un negativo?’. Lo sapevo, ma non avevo il coraggio di dirlo. Allora me l’ha fatto vedere”.

La fotografia permetteva a Faganello di godere di una certa libertà. “Mario Rigoni, che era il funzionario della Rai di Trento, gli aveva proposto di fare il cineoperatore, ma lui aveva detto di no, perché non voleva avere qualcuno che gli dicesse come doveva fare le cose”.

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