lo spunto
Oggi il museo è diventato una sorta di agorà, dove non c’è più un limite all’intrattenimento. Non lo dico con nostalgia per i limiti, ma osservo una piazza che si riempie di contenuti, di eventi che non hanno nulla a che fare con il luogo, con le collezioni.
È una tendenza di cui si deve prendere atto, ma dal mio punto di vista ho sempre preferito che ci fosse una connessione, perché i luoghi hanno una capacità anche evocativa.
La cosa auspicabile è che anche il piccolo sia bello: una ventina di musei nazionali raccoglie il 90 per cento dei visitatori, e noi in Trentino che abbiamo un patrimonio diffuso dobbiamo valorizzarlo.
Franco Marzatico
(Vita Trentina, 7 settembre 2025)
Il collocamento a riposo per raggiunta età della pensione priva la Provincia di Trento di un suo dirigente di spicco come Franco Marzatico, Sovrintendente ai Beni culturali e ai Monumenti, oltre che direttore, per un decennio, del Museo del Buonconsiglio e promotore del Museo Retico di Sanzeno.
L’auspicio di cittadini e comunità è però che il maggior tempo di cui Marzatico disporrà per i suoi interessi e per i suoi studi (è stato anche nominato nel Curatorium del Museo Diocesano), non privi la cultura trentina dei contributi che egli ancora potrà dare, grazie alla combinazione di doti non comuni, che comprendono una vasta preparazione scientifica nei campi dell’archeologia e della paleontologia, una generosa sensibilità civile ed una grande capacità organizzativa e divulgativa.
La sua forte passione per la propria terra e la sua identità, cresciuta in famiglia, è stata da lui ulteriormente coltivata alla grande scuola di Bernardino Bagolini, a lungo vicedirettore del Museo di Scienze Naturali e maestro indimenticato di ricerca, capace di radunare e motivare attorno a sé un gruppo di giovani che nelle loro professionalità hanno poi dato tanto al Trentino.
Fra i maestri di questi promettenti studiosi vanno anche ricordati Renato Perini per gli studi sulle palafitte di Fiavé, Gino Tomasi e Vittorio Marchesoni per le ricerche sul lago di Tovel, Franco Pedrotti per gli studi di sociologia botanica, ovvero non solo pascoli e foreste, ma lettura e comprensione completa di un territorio.
Sotto la guida di Bernardino Bagolini, uno dei massimi esperti sul neolitico (“laboratorio di tutte le forme espressive”, lo definiva), quei giovani furono protagonisti di una stagione di scoperte irripetibile sulle ere preistoriche, tali da rivoluzionare l’archeologia alpina e anche da riscrivere, in senso multidisciplinare, tutta la colonizzazione delle Alpi. Attorno a Bagolini c’erano oltre a Franco Marzatico, anche Michele Lanzinger e Giampaolo Dalmeri, il collaboratore Tullio Pasquali, negli anni in cui si fecero scavi che portarono alla luce le selci al Colbricon, del Riparo Gaban, dei bivacchi mesolitici sul Lagorai, fino all’eccezionale Riparo Dalmeri, con le tavolette dipinte, i dentini di latte dei bambini portati dalle famiglie nelle trasmigrazioni di caccia, le lische dei pesci cacciati nei torrenti.
Con queste premesse e in questo contesto Franco Marzatico potrebbe farsi promotore e coordinatore di un museo trentino che si potrebbe chiamare approssimativamente “della preistoria alpina”. Ne avrebbe tutte le qualità e le capacità, ed è questo il primo dono al Trentino che potrebbe così colmare una lacuna nella sua proposta culturale (rilanciando anche il suo primato di investimenti in questo settore cruciale per richiamo, crescita ed identità fra le regioni italiane). È giusto sottolineare, come ha fatto lo stesso Marzatico nell’interessante intervista a questo settimanale, che nel Trentino i siti e le realtà preistoriche si presentano come presenze diffuse, ancorate ai territori, dotate quindi di un fascino particolare, ma è anche vero che così come si trovano risultano disperse, sfocate nella percezione dei non specialisti, spesso irraggiungibili. Occorre una sorta di “filo rosso” che le unisca e faccia comprendere perché, dopo la grande glaciazione, il Trentino con le sue propaggini vicine sia stato il crogiolo in cui si è formata la cultura alpina, gli antichi modi di vita sulle Alpi, radici dei primi insediamenti, ma anche ispirazione di miti, leggende, toponomastica, espressioni che non nascono mai dal nulla, ma trovano la loro motivazione nella frequentazione dei territori e nel loro uso. I musei non sono luoghi astratti, cimiteri di memorie. Non sono alternativi ai siti diffusi sul territorio, ma ne costituiscono il complemento. Sono i nodi identitari, gli “hub” (punti di connessione) esplicativi delle realtà che espongono, e in questo senso il nuovo museo potrebbe proprio costituire quel filo robusto che lega le selci del Colbricon (la cui scoperta rivoluzionò la percezione del popolamento alpino) ai bivacchi mesolitici del Lagorai, fino al Maso Gaban, potrebbe fornire le coordinate complessive che consentono di inquadrare le palafitte ai forni fusori di Serso e del Redebus, senza dimenticare le presenze “di contorno” che risultano fondamentali, come le meravigliose tavolette del Riparo Dalmeri sull’altopiano di Marcesina, il Monte Avena con le tracce di Neanderthal sopra Fonzaso, e la Mummia del Similaun, che non occorre venga esposta (la tendenza mondiale è di non esporre più sepolture e mummie per rispettarne la sacralità) ma il cui ritrovamento testimonia i fitti contatti che si verificarono nei millenni attraverso le montagne, cerniera e non confine, valichi da percorrere, non solo picchi da scalare) oltre ai mutamenti climatici intervenuti. Un museo così impostato (abbiamo solo cercato di abborracciarlo) avrebbe anche una funzione di “collante” fra le regioni alpine divise poi dai nazionalismi, richiamandone gli interscambi fin dalla più remota antichità. Sempre in questo contesto il secondo dono che, negli anni, Marzatico potrebbe fare al Trentino sarebbe un suo libro sui Reti, dei quali è uno dei massimi esperti europei, sulle tracce di cultura materiale da loro lasciate. Sono auspici che vogliono solo testimoniare quanto il Trentino sia grato a Marzatico per il suo operato, quanto abbia apprezzato la sua testimonianza e la sua azione, quanti auguri gli faccia per il futuro.