In Trentino i lavoratori stranieri rappresentano il 63,3% degli assunti in agricoltura

Foto ANSA/Sir

Nel 2024 proveniva da altri Paesi il 63,3% dei nuovi assunti in agricoltura, il 24,6% nel terziario e il 33,1% nell’industria. I lavoratori stranieri sono il 32,1% dei nuovi lavoratori.

Sempre nel 2024, gli occupati totali erano 219.782, in crescita del 3,2%, il numero di lavoratori stranieri è aumentato invece del 5,2%. L’incidenza complessiva dei lavoratori stranieri sale dal 16,5% al 16,8% dell’occupazione totale, con un aumento degli extracomunitari, che passano dall’11,6% al 12%. Mentre i comunitari scendono, leggermente, dal 4,9% al 4,8%. Tra gli stranieri, oltre 6 su 10 svolgono lavori a basse competenze. I dati sono stati presentati da Stefania Terlizzi, dirigente generale di Agenzia del Lavoro di Trento, che in collaborazione con TSM-Trentino School of Management ha promosso il convegno: “Lavoratori stranieri e mercato del lavoro: sfide, strategie e prospettive future”.

“È evidente come il sistema economico abbia bisogno di trovare all’estero o in altre regioni italiane lavoratori con determinate competenze che non sono reperibili in Trentino”, ha detto l’assessore allo sviluppo economico e lavoro e vicepresidente della Provincia, Achille Spinelli. “Dobbiamo impegnarci su questo tema affrontandolo con azioni di sistema. Un esempio concreto è il progetto “Ready to work” che prevede di formare in Argentina 100 lavoratori, metterli in contatto che le imprese trentine che poi provvederanno ad assumerli. È un progetto frutto di una collaborazione tra le nostre strutture provinciali, le associazioni di categoria, gli enti formativi argentini e ha avuto l’approvazione del Ministero del lavoro e politiche sociali e il supporto dell’Ambasciata italiana di Buenos Aires. Un esempio virtuoso di quanto possa essere proficua e utile la collaborazione fra tutte le istituzioni e le parti coinvolte. Su un tema così strategico abbiamo bisogno di riflettere e di lavorare insieme per trovare soluzioni sostenibili che possano ridefinire le nostre politiche del lavoro in maniera pragmatica”.

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