Un’esperienza intensa e generativa ha caratterizzato la visita studio, tenutasi dal 27 al 29 ottobre, al Centro di giustizia riparativa della Regione Autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol e all’Università degli Studi di Trento, promossa da Caritas diocesana di Perugia-Città della Pieve nell’ambito del progetto Cei 8xmille Italia 2025 “Semi di Carità”. Tra i partecipanti della delegazione di progetto erano presenti: Regione Umbria, Università degli Studi di Perugia, Casa Circondariale di Perugia e una giornalista collaboratrice del settimanale La Voce.
L’iniziativa, volta a diffondere la cultura della giustizia riparativa nel territorio umbro, ha trovato in Trentino-Alto Adige/Südtirol un contesto aperto e avanzato, dove istituzioni e Università hanno accolto con generosità e competenza i membri della delegazione.
Le dott.sse Valeria Tramonte, Daniela Rieti, Antonella Valer e Kadja Holzner, mediatrici penali, e la dirigente dott.ssa Eva Maria Kofler del Centro di giustizia riparativa della Regione Autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol hanno condiviso esperienze, metodologie e risultati, offrendo uno sguardo concreto su un paradigma che, spostando il focus dalla violazione della norma al danno causato, mette al centro le persone e le relazioni.
La presenza attiva della Regione Umbria, rappresentata dall’assessore Fabio Barcaioli, ha confermato il valore strategico dell’iniziativa, così come il dialogo tra le Università di Perugia e di Trento ha arricchito il confronto con contributi scientifici e scambi tra prassi e ricerca.
La visita ha favorito uno scambio concreto di idee tra territori, rafforzando le connessioni reciproche e promuovendo una circolazione più dinamica delle informazioni.
L’incontro ha evidenziato anche l’esigenza di fare chiarezza rispetto ad una serie di equivoci che concorrono a restituire una immagine distorta e fuorviante della giustizia riparativa.
Questo paradigma, infatti, si può applicare non solo in ogni fase del procedimento penale (dalla fase preliminare fino a dopo l’esecuzione della pena), ma anche in contesti comunitari (scuola, lavoro, famiglia, ecc.). Inoltre, la giustizia riparativa non si sostituisce alla pena, il procedimento penale e l’eventuale espiazione della pena faranno sempre il loro corso.
Tre giorni di incontri e di confronti costruttivi – fatti di domande e osservazioni – su concetti teorici, aspetti pratici e testimonianze che ci hanno offerto tanti spunti utili, anche in vista della realizzazione del primo Centro di Giustizia Riparativa in Umbria.
Sul piano culturale c’è ancora tanto da fare, a partire da una certa narrazione, approssimativa e fuorviante, che distorce la reale portata del paradigma della giustizia riparativa. Questo paradigma si fonda sulla volontarietà e sulla responsabilità condivisa di tutte le parti coinvolte nel conflitto. Promuove un dialogo autentico in cui chi ha causato il danno ha l’opportunità di sviluppare una piena consapevolezza dell’impatto delle proprie azioni, assumendosene la responsabilità attraverso l’ascolto attivo della controparte. Allo stesso tempo, chi ha subito il danno – direttamente o indirettamente – può riappropriarsi della propria dignità e dei propri spazi di autonomia, riconquistando un ruolo centrale nella costruzione di una risposta che vada oltre la mera sanzione.
L’Assessore Fabio Barcaioli dichiara: «Sono stati giorni intensi e preziosi quelli trascorsi a Trento, dedicati all’approfondimento del modello di giustizia riparativa, che si distingue per la capacità di adattarsi ai bisogni delle persone e delle comunità. È un modello che guardiamo con interesse perché flessibile, capace di modulare gli interventi secondo le situazioni, sempre con l’obiettivo di ricomporre i legami e promuovere la responsabilità condivisa. Pur avendo trovato in Italia un riconoscimento normativo solo di recente, questo approccio affonda le sue radici nelle pratiche delle comunità indigene del Nord America e dei maori della Nuova Zelanda, dove era concepito come strumento di coesione e stabilità sociale. Come Regione Umbria vogliamo promuovere questa visione che mette al centro il dialogo e l’ascolto, nella convinzione che imparare a essere realmente una comunità significhi proprio riconoscere le ferite, farsene carico e cercare insieme vie di riconciliazione».
Don Marco Briziarelli, direttore della Caritas diocesana di Perugia-Città della Pieve, dichiara: «E’ tempo di non soffermarsi alla superficie delle cose, ma trovare il coraggio di andare al cuore della questione. Come comunità abbiamo la responsabilità di aprirci al confronto, al dialogo rispetto alle possibilità che si aprono e dobbiamo farci partecipi di un cambiamento che non solo è possibile, ma doveroso. Chi ha causato un danno non è definito solo da quel gesto: è anche un padre o una madre, un figlio o una figlia, e così via. La giustizia riparativa riconosce la complessità della persona e la sua rete di relazioni, offrendo uno spazio per la responsabilità, il dialogo e la ricostruzione. Offre a chi lo ha subito la possibilità di dare risposta a bisogni profondi che la pena detentiva non soddisfa, e alla comunità l’occasione di ricucire legami».