Diomira Raffaelli, un nuovo modo di vedere (e affrontare) la disabilità

Diomira Raffaelli ritratta da Giorgio Romagnoni

La sua vita fu segnata dalla distrofia muscolare, che si manifestò quasi subito, all’età di dieci anni. Diomira Raffaelli, originaria di Volano, non si lasciò però abbattere, e a vent’anni si trasferì nella Comunità di Capodarco, nelle Marche. “La Comunità era tutto, fuorché un istituto”, spiegò in un’intervista concessa a Maurizio Panizza, in cui raccontò il suo incontro con il messaggio innovativo di Capodarco, che promuoveva un nuovo modo di vedere e affrontare la disabilità. Un modus operandi che, una volta rientrata in Trentino, Diomira volle portare nella sua comunità, a Volano, dove invitò una delegazione di dieci persone della comunità marchigiana fondata da don Franco Monterubbianesi. Prima di arrivare in Vallagarina quelle persone non avrebbero saputo collocare Volano sulla cartina geografica, ma, una volta giunte nel paese, nel 1978, vi restarono. Diomira voleva superare il “vecchio modo” di fare le cose di chi, lavorando con i disabili, li considerava dei “poveretti”. E nel suo appartamento di via Stazione si costituì la cooperativa sociale Gruppo 78, tuttora attiva per la promozione della salute e del benessere delle persone che si trovano in condizioni di svantaggio. 

“A quel tempo la parola d’ordine era de-istituzionalizzare, cioè abbattere gli schemi precostituiti e i pregiudizi entro i quali si muoveva la società e più in particolare noi soggetti disabili”, spiegò ancora Diomira Raffaelli a Maurizio Panizza. Diomira era nata nel 1947: i suoi vent’anni furono quindi caratterizzati dal fermento che scosse tutta la società e la politica con il Sessantotto. “Cantavamo Bob Dylan e Joan Beaz, discutevamo della guerra in Vietnam, di femminismo, di diritti civili e individuali della persona – disse nel corso dell’intervista -, grandi temi nazionali che porteranno negli anni successivi alla legge 180 (Basaglia) sulla chiusura dei manicomi, alle leggi sull’aborto e sul divorzio”. 

La distrofia muscolare è una malattia degenerativa che colpisce i muscoli scheletrici. Nel 1999 la “Dio” – così la chiamavano gli amici – fu costretta a collegarsi a un respiratore per rimanere ancora in vita. Grazie alla sua ironia, ricordata da chi l’ha conosciuta, riuscì però a farsi forza e ad andare avanti con determinazione, tanto da creare, nel 2001, un Progetto Vita Indipendente, una “rete di assistenza integrata” che la aiutò nei suoi ultimi anni di vita. Diomira Raffaelli morì il 19 settembre del 2016.

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