Non basta agire in nome di Gesù

TRAVASI D’AMORE Ai bambini piccoli piace molto giocare con l’acqua, travasare il liquido da un contenitore all’altro, usare imbuti o caraffe. Alle mamme piace un pò meno… se poi bisogna asciugare chiazze di bagnato ovunque! Come insegna Maria Montessori, però, invece di sgridare i piccoli per l’acqua rovesciata basta fornire loro una spugnetta e far vedere come si possa “riparare l’errore”, imparando da esso a fare gesti sempre più precisi. Hai notato, in quest’illustrazione, la macchia di acqua che si è rovesciata sul tavolo? Ha la forma dell’amore: tutti gli atti di generosità che apparentemente cadono nel vuoto e che non vengono valorizzati dai fratelli, in realtà agli occhi di Dio sono gesti d’amore preziosi e non andranno perduti. Quindi… siate strabordanti nella generosità, ché non si sbaglia mai! (illustrazione di Lorena Martinello)

DOMENICA 26 SETTEMBRE 2021 – XXVI DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO B

Num 11,25-29 – Gc 5,1-6 – Mc 9,38-43.47-48

Chi sono i cristiani? Potrebbe essere questa la domanda a cui tentare di rispondere dopo aver letto la pagina del Vangelo che la liturgia ci propone in questa domenica. Quasi sempre il criterio con cui anche oggi identifichiamo il cristiano, è la partecipazione alla Messa domenicale, la sua adesione alle verità di fede e la sua obbedienza al magistero. Ma non c’è chi non veda la crisi in cui oggi versa la Chiesa, tanto che qualcuno azzarda la possibile scomparsa della fede, ricordando le parole di Gesù: «Quando il Figlio dell’uomo verrà, troverà ancora fede sulla terra?» (Lc 18,8). Già Paolo VI, nel 1972, a sette anni dalla fine del Concilio disse: «Si credeva che dopo il Concilio sarebbe venuta una giornata di sole per la storia della Chiesa. È venuta invece una giornata di nuvole, di tempesta, di buio, di ricerca, d’incertezza».

E anche papa Benedetto XVI annotò che «la Chiesa sta navigando con vento contrario, con tempeste che minacciano la nave e qualche volta abbiamo pensato: il Signore dorme e ci ha dimenticato». L’abbandono della pratica religiosa è certamente un segno di fiacchezza spirituale e di allarmante disimpegno comunitario, ma può anche essere la conseguenza di un modo di fare Chiesa. Partecipare alla liturgia non è tutto, anche se decisamente importante. Giovanni sembra turbato per il fatto che qualcuno possa compiere il bene anche se non fa parte del gruppo dei Dodici: «Maestro, abbiamo visto uno che scacciava demoni nel tuo nome e volevamo impedirglielo, perché non ci seguiva» (Mc 9,38). Quest’uomo agiva nel nome di Gesù, ma non basta. C’è un’imperfezione nella sua vita, perché non fa parte del gruppo degli apostoli. In altre parole essi pensavano che la salvezza portata da Gesù doveva realizzarsi solo se anche loro erano d’accordo! Non avevano capito che «chi fa il bene con cuore sincero appartiene già alla comunità dei credenti in Cristo» (G. Ravasi). Infatti Gesù respinge subito l’atteggiamento dei suoi discepoli: l’azione di Dio non va monopolizzata, il bene può essere compiuto da tutti e tutti dovrebbero rallegrarsene.

Succede invece che anche i cristiani vedano troppi nemici intorno, senza superare una mentalità da religione privilegiata, che impedisce di cogliere tutto il bene che viene compiuto anche in ambiti molto lontani dalla fede. Quasi inconsciamente siamo portati a pensare di essere gli unici portatori della verità e che lo Spirito di Dio agisca solo attraverso di noi. In realtà «non c’è una sola battaglia per la giustizia che non sia silenziosamente in relazione con il regno di Dio … Dove si lotta per gli umiliati, gli oppressi, i deboli, gli abbandonati, là si combatte insieme a Dio per il suo regno. Lo si sappia o no, Lui lo sa» (G. Gresby).

I politici che lottano per una società più giusta, i giornalisti che rischiano la propria vita per la verità e la libertà, gli operai che, lottando per il posto di lavoro ottengono il rispetto dei loro diritti e vedono crescere la solidarietà attorno a loro, gli educatori che si prodigano per educare alla responsabilità, anche se non sembrano essere “dei nostri”, sono per noi, perché si danno da fare, faticano e soffrono per un mondo più umano. È dunque cristiano chi segue Gesù, guarda e cerca di imitare il suo esempio, e davanti a Lui sa stare in silenzio e pregare, chi nel lamento e nella fatica dell’uomo sente il lamento di Gesù sulla croce, chi sa gioire del bene che vede presente in ogni parte del mondo, chi sa amare in modo disarmato, incamminandosi, con chi lo vorrà, verso una vita buona, lieta e pienamente umana. «E il Regno verrà con il fiorire della vita in tutte le sue forme»! (E. Ronchi).

E secondo voi?
Sei contento del tuo modo di vivere il cristianesimo?
Cosa dovrebbe fare la Chiesa per essere più credibile nell’annuncio del Vangelo?
Come una comunità cristiana dovrebbe vivere il Vangelo?

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