Questa scuola è per tutti?

Educazione, inclusione e disabilità sono i temi della decima edizione del convegno organizzato dalla casa editrice trentina Erickson

Si dal 13 al 15 novembre a Rimini la decima edizione dell’evento più atteso su educazione, inclusione e disabilità: “La qualità dell’integrazione scolastica e sociale”, il convegno organizzato dalla casa editrice trentina Erickson. “Un traguardo che nel 1997 poteva sembrare davvero ambizioso – precisa Dario Ianes, docente di Pedagogia speciale e ideatore del convegno -, che ha certamente lasciato un segno nel mondo dell’educazione e che contribuisce di volta in volta a stimolare il dibattito, la riflessione e il confronto su come lavorare tutti insieme per una scuola sempre viva e vitale”.

E’ il decimo appuntamento, ma in realtà – essendo il convegno biennale – sono passati vent’anni dalla prima edizione organizzata a Riva del Garda.

Vent’anni: un arco temporale più che sufficiente per valutare il cammino fatto sui grandi temi dell’integrazione scolastica e sociale.

“Si sono fatti molti passi in avanti con il riconoscimento dei cosiddetti Bisogni educativi speciali (BES), con la legge sui Disturbi specifici dell’apprendimento (DSA) ed il loro diritto ad un percorso personalizzato. Il Trentino in questo ha più volte battuto per primo la strada, sia con le sperimentazioni, ma anche con provvedimenti legislativi. Come Erickson siamo convinti di aver accompagnato e sostenuto lo sviluppo dei ragionamenti fatti. Ho visto anche una forte crescita della sensibilità e dell’interesse degli insegnanti, nel corso degli anni”.

Bilancio più che positivo, dunque, per la qualità dell’integrazione nella nostra scuola?

“Il bilancio ha senz’altro molte luci, ma ci sono anche delle ombre. C’è una strana alternanza tra aspetti positivi e negativi, sono stati fatti anche passi indietro, purtroppo. La scuola è molto spesso in affanno e l’insegnante di sostegno, che dovrebbe essere una risorsa per tutti, è ancora troppe volte incollato al ragazzino che ha una diagnosi o una certificazione e lavora solo con lui, fuori dalla classe”.

L’ideale sarebbe un lavoro in compresenza, o meglio co-docenza: è possibile con la riduzione degli organici?

”La strada è percorribile se si crea una corresponsabilità tra docenti, se si lavora insieme su tutta la classe. All’insegnante di sostegno non è più delegato solo il Pierino di turno e questo lavorare in due libera tutte quelle risorse latenti che oggi restano inespresse”.

Cosa dice in proposito la legge sulla “buona scuola”?

“Prevede insegnanti di organico aggiuntivo e a conti fatti i docenti di sostegno sono sempre di più. Si tratta di utilizzarli al meglio”.

La Provincia di Trento, proprio con il Centro studi Erickson e con il contributo del Fondo sociale europeo, ha avviato da qualche tempo un progetto di utilizzo diverso dell’insegnante di sostegno, in contemporaneità in classe.

“La figura dell’insegnante di sostegno deve evolvere in questo senso. Solo così l’integrazione può crescere di qualità”.

Può costituire un problema l’introduzione massiccia delle lingue?

“Con le lingue il problema non si pone, a mio avviso. Se si lavora con metodologia inclusiva, differenziando gli obiettivi, si può lavorare affinché tutti arrivino al loro apprendimento, con livelli diversi, è evidente!”.

Vent’anni, dieci edizione: è tempo di bilanci, ma anche di nuovi obiettivi. Cosa auspicate per il futuro?

“Per noi questo traguardo è un nuovo punto di partenza, per non perdere mai di vista la necessità di affrontare e discutere, con sempre maggiore competenza e convinzione, le questioni fondanti che conferiscono qualità all’integrazione e all’inclusione. Nonostante tutto crediamo che una scuola diversa sia possibile, non solo necessaria. Il nostro auspicio è che si arrivi ad una qualità sempre più partecipata. La scuola e la famiglia, interlocutori diretti e quotidiani, si devono alleare, devono avere un obiettivo comune su cui unirsi, non dividersi. Insieme si è forti e si può guardare al futuro, che è poi il futuro dei nostri ragazzi”.

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