Quel modernizzatore di Celestino Endrici

I suoi 36 anni di episcopato al centro di un convegno che apre una nuova prospettiva di studi

A 150 anni dalla sua nascita, monsignor Celestino Endrici, vescovo di Trento dal 1904 fino alla sua morte nel 1940, è stato oggetto di studio al convegno “Celestino Endrici tra monarchia asburgica e fascismo. Nuove prospettive di studi”, organizzato dall'Istituto storico italo-germanico di Trento lo scorso 7 aprile.

L'incontro è stato l'occasione ideale per raccogliere intorno ad una tavola rotonda i principali studiosi della materia, nel tentativo di descrivere la sua figura nelle diverse fasi dell’episcopato e di delineare il contesto del periodo, cercando di colmare le lacune presenti all'interno della storiografia trentina su questo personaggio. Alla presenza del direttore Paolo Pombeni e del vice direttore Marco Bellabarba, si sono susseguiti gli interventi di Andreas Gottsmann, Marco Odorizzi, Severino Vareschi, Andrea Sarri e Camilla Tenaglia.

E’ stata sottolineata la modernità del pensiero di Endrici, in particolare per la decisione di lasciare la gestione della sfera politica ai laici, pur rivendicando la libertas Ecclesiae e opponendosi a tendenze “moderniste”, e per la sua vicinanza alle posizioni dell'enciclica Rerum Novarum di Leone XIII in ambito sociale; egli permise ad un non sacerdote, il giovane Alcide De Gasperi, di diventare direttore della testata “Il Trentino”.

Parallelamente ne è stata descritta la vita, affrontando le tappe principali del suo episcopato prima con l'Impero asburgico, poi con il Regno d'Italia. Celestino Endrici nacque a Don il 14 marzo 1866 da una famiglia contadina: egli studiò prima a Trento, poi a Roma al collegio pontificio germanico-ungarico e successivamente all'università Gregoriana (anni particolarmente incisivi per la sua formazione). Nel 1891 ritornò a Trento in qualità di insegnante di teologia morale e sociale al seminario e otto anni dopo ne divenne lui stesso il direttore. Nel 1904 fu nominato principe vescovo (il cui potere temporale era in realtà già cessato da più di un secolo) dall'imperatore Francesco Giuseppe, proprio in concomitanza con il difficile clima causato dalle pressanti tensioni linguistiche provinciali tra italofoni e germanofoni. Egli si mostrò difensore delle istanze trentine di italianità, senza mai essere irredentista, ricevendo in risposta i duri attacchi del Volksbund, l'associazione pangermanista tirolese. Al tempo stesso dovette mediare tra diverse posizioni, dovendo contrastare i liberali e i socialisti per le loro posizioni anti-ecclesiastiche, ma al tempo stesso contenere la strumentalizzazione del tradizionalismo cattolico dei politici conservatori tirolesi.

Durante la prima guerra mondiale entrò in contrasto con le autorità militari: ritenuto filo-italiano, nel marzo del 1916 fu formalmente confinato a Villa San Nicolò, poi a Vienna per essere interrogato e infine al monastero di Heiligenkreuz; nel novembre 1918 ritornò a Trento, godendo di particolare fama per aver resistito al confino impostogli.

Negli anni di transizione 1919-1922 dall'Impero asburgico al Regno d'Italia risultò essere determinante la sua esperienza d'esilio: grazie alla fama che si era creata, egli strinse stretti rapporti con le autorità dello Stato italiano, parallelamente intrattenendo ottimi rapporti con il segretario di Stato vaticano Pietro Gasparri; sui giornali dell'epoca fu persino paventata la sua possibile nomina a senatore.

Riguardo il suo episcopato durante il periodo fascista, dal convegno è emersa la necessità di nuovi studi, anche in ottica comparativa con altre diocesi limitrofe.

Endrici morì a Trento il 29 ottobre 1940.

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